giovedì 8 gennaio 2015

Francesco Cozza: La nascita della Vergine



Eccellente artista di grande fama (al suo tempo), Francesco Cozza (1605-1682), già allievo del Domenichino ne riprende, con personale cifra, la “nobilitazione pittorica” che imposta il suo stile, quasi non comparabile con altre coeve esperienze artistiche. Infatti, il suo paradigma plastico si realizza con sorprendente nitore e con intensa eleganza, in un armonico complesso di sorridente espressione e di straordinaria forza, di purezza e di misurata impostazione scenica non disgiunta da un naturalismo moderato ma vissuto intimamente.
 
A questo pittore non può essere attribuita un’identità barocca ma neppure una rigorosa metrica classicista, come dimostra il suo modello paesaggistico e la soavità dell’immagine femminile, la tenera proclività verso le scene della vita familiare e la leggiadria delle figure sacre nonché l’ariosa compostezza delle allegorie profane. Nel suo universo creativo trova consistenza il senso lieto e diffuso di un disegno proposto con calibrate luci, la penetrante attenzione nei riguardi sia dell’anatomia sia della prospettiva, il morbido brillio e i soffici riflessi che si diffondono, svelando una bellezza interminabile e una fervida spiritualità.
 
Da queste sue imprescindibili, spontanee, formule nascono i temi che lo “esprimono” artista singolarissimo per mezzo della sua raffinata capacità pittorica, la quale impagina la sua rara equilibrata sensitività in scenari ove è manifestamente percepibile il suo “nobile sentire”, le affascinanti figure sospese.
 
Un dipinto di Francesco Cozza, che ne mostra i tratti dello stile, è conservato presso la fastosa Galleria Colonna (Sala dei Primitivi) dell’omonimo Palazzo: La nascita della Vergine (1640, circa). Opera superstite della collezione della nobile famiglia romana, eseguita dall’artista calabrese, poiché le altre realizzate tra il 1650 e il 1654 (circa) sono andate disperse. Quadro già attribuito al Passignano (1559-1638) è stato definitivamente restituito al Cozza nel 1929.
 
D’impianto finemente narrativo, il soggetto sacro è raffigurato impiegando diversi dettagli rispondenti al “vero”, al “naturale”, come la donna che scalda il panno per avvolgere la neonata Maria o l’altra intenta a porgere il piatto contenente il brodo, elementi che illustrano una devota quotidianità. La scena è risolta in tre piani, i quali perfettamente si completano in un'articolata esposizione di luce e di chiaroscuri, quest’ultimi ben presenti nella parte superiore occupata dal grande letto a baldacchino, in cui S. Anna non giace passivamente ma è fulcro dell’azione; ella è avvolta dalla semioscurità in duttile contrasto con la luce del giorno, che lo spazioso arco ne distingue l’ingresso nella capace stanza, aperta, dunque, verso un paesaggio sereno confermato dall’atteggiamento dei due personaggi. Il dipinto è svolto con disegno che si ammorbidisce in un’armoniosa resa dei tessuti e degli ampi panneggi.       

 
Immagine tratta da "Google Immagini"
 
 
 

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