mercoledì 14 gennaio 2015

Un’originaria ornamentazione dell’arte cosmateca: il pavimento della Chiesa di S. Benedetto in Piscinula




La minuscola Chiesa di S. Benedetto in Piscinula, oggetto di un mio studio come la zona che la circonda, contiene delle bellezze artistiche inaspettate, tra episodi di profonda spiritualità secolare, che la palesano quale preziosità al pari di altre, più note, del rione di Trastevere.
Edificata nel XII secolo -i primi documenti ad essa riferiti sono datati 1192- inglobando le mura di un piccolo oratorio (VIII secolo, circa), che la tradizione individua come cella di S. Benedetto, ancora oggi vi risalta l’originario pavimento cosmatesco.
La scuola cosmatesca inizia proprio nel XII secolo ed è in auge sino a tutto il XIII secolo; essa è formata da “artigiani” romani attivi a Roma e in qualche località del Lazio, appartenenti a due distinte famiglie, nel seno delle quali è tramandata tale educazione artistica. Questa è caratterizzata, prevalentemente, da decorazioni delle superfici attuate con motivi geometrici, elaborati accostando zone marmoree bianche con folti pannelli di forma quadrata, rettangolare, rotonda, esagonale, triangolare e così via, nei quali risalta la policromia musiva (piccolissime tessere di pasta vitrea o di pietra). In alternativa la realizzazione avviene in opus sectile, vale a dire utilizzando lastre marmoree, di diverso spessore e di differenti dimensioni, che disegnano “mosse” raffigurazioni. Tale espressione artistica nel riprendere la tecnica dell’incrostatura (decorazione a tarsia marmorea parietale) dell’antichità, utilizza elementi decorativi locali, motivi bizantini sino ad accogliere, nella sua fase conclusiva, influenze arabe.
Gli artefici di tali ornamenti sono, dunque, detti Cosmati -già definiti altresì “marmorari romani”-, perché sovente ricorre il nome di Cosma; la loro attività si estende, con ammirevoli risultati, oltre la sistemazione ornamentale di pavimenti o di suppellettili liturgiche, comprendendo quindi opere architettoniche –però non affrontando quasi mai reali problemi costruttivi- e lavori scultorei, nei quali emerge, talvolta, una plasticità con richiami alle figurazioni del registro antico romano e da questo a quello paleocristiano.   
L’interno della Chiesa di S. Benedetto contiene la raffinata pavimentazione cosmatesca, nella quale il mosaico avvolge dischi di marmo, mostrandosi in irregolare asse con l’abside, quindi non con il muro obliquo dell’entrata; in tal modo il visitatore non avverte l’anomalia insita nell’allineamento delle pareti dell’edificio. Sorta di coloratissimo tappeto lapideo, il pavimento conduce il fedele dall’ombroso occidente (l’ingresso) al raggiante oriente (l’altare), percorso “metaforico” che allude al passaggio dalle tenebre e dai mortali affanni propri del “mondo” alla gloria celeste, attraverso Gesù Cristo, luce divina.  
 
 


 

 

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