Wolfang Amadeus Mozart, nato nel 1756,
ancor prima di imparare a leggere e a scrivere, manifesta straordinarie
capacità musicali, tali da permettergli di suonare all’età di quattro anni il
clavicordo, progenitore del pianoforte, mentre a cinque compone già minuetti
che il padre, Leopold, trascrive. Inoltre, anche la sorella maggiore di cinque
anni, Maria Anna, in famiglia chiamata Nanneri,
equivalente a Nannina o a Nannarella, dimostra un evidente virtuosismo esecutivo al clavicembalo. Tale
singolare situazione induce il padre, il quale segue tenacemente l’educazione
musicale dei figli –egli stesso è valente violinista e buon compositore-, di
impiegare il talento dei figli a fini “economici”. I due fanciulli prodigio, in
poco tempo, suscitano ammirazione e stupore tanto che la stessa imperatrice
d’Austria, Maria Teresa, vuole ascoltarli alla presenza di tutta la famiglia
imperiale (1762). Seguono viaggi-esibizione a Monaco, Augusta, Ulma, Mannheim,
Francoforte, Colonia, Aquisgrana, Bruxelles sino ad arrivare a Parigi.
Continuando il giro concertistico, ormai senza Nanneri, nell’aprile 1764 è la volta di Londra, dove re Giorgio III
e la regina Carlotta sono assidui spettatori delle improvvisazioni al
clavicembalo del giovanissimo Mozart.
Il viaggio in Italia, che Leopold e
Wolfgang intraprendono dal dicembre 1769 al marzo 1771, comprende quale tappa
d’obbligo, Roma, ove vi giungono provenendo da Firenze il 10 aprile 1770, mercoledì
santo, rimanendovi sino all’8 maggio, per ritornarvi, rientrando da Napoli, il
26 giugno e ripartirne definitivamente, alla volta di Bologna, il 10 luglio.
Leopold considera necessaria questa tappa perché anche nella “Città Eterna” il
suo geniale figlio, quattordicenne, può dar prova della sua già notevole
maestria dinanzi a nobili ed ecclesiastici. La città piace molto al
giovanissimo compositore, così come gradisce la maggior parte degli intensi
incontri, nei quali è il protagonista assoluto.
Tra l’11 e il 19 aprile i Mozart si recano,
più volte, alla Basilica di S. Pietro, sia per le funzioni della Settimana santa
e della Pasqua, sia per ammirare quell’insieme di magnificenze. Infatti,
Leopold il giorno 14, in una lettera indirizzata alla moglie Anna Maria Pertl,
ricca di notizie e nella quale illustra arguti episodi propri della città,
scrive: ” Abbiamo già visitato a fondo la
chiesa di S. Pietro e di tutto quello che c’è da vedere nulla deve rimanere
inosservato”. Wolfang, nel frattempo, ha conquistato la benevolenza del
cardinale Lazzaro Opizio Pallavicini (Segretario di Stato), con il quale
conversa attraverso il suo brillante italiano. Nella Cappella Sistina ascolta
il Miserere di Gregorio Allegri
(1582-1652), composto intorno al 1630, eseguito a luci spente durante il
mattutino, quale “rappresentazione delle tenebre” della Settimana santa. Le
note, pur semplici e ripetute cinque volte fino al termine (nove parti), sono
oggetto però di una mirabile esposizione esecutiva, come da tradizione di quei
cantori, i quali ne enfatizzano le sfumature, ne accentuano cadenze ed effetti,
frapponendovi delle variazioni, tanto da sembrare non identificabile e creando,
nel contempo, una notevole suggestione nell’ascoltatore, apparendo, quindi, mirabile
ma intricata opera corale. Non può questa, però, sfuggire alle attente orecchie
del giovane musicista, come scrive il padre Leopold: “… ai musici della Cappella è proibito sotto pena di scomunica di
portarne via anche una sola parte o di copiarla o darla ad altri. Ma noi
l’abbiamo: Wolfgang l’ha annotato … Lo porteremo a casa, ma poiché è uno dei
segreti di Roma, non lo vogliamo lasciare in altre mani … “. Il talentuoso
salisburghese, dunque, trascrive a memoria il brano, suscitando lo stupore, per
l’esattezza del dettato musicale trascritto, dei cantori pontifici nonché,
diffondendosi la notizia, della Curia e del papa Clemente XIV. Tale clamore
sembra non tangere, esteriormente, Wolfgang, il quale lascia il peso di sì
forti lodi sulle spalle del padre, preferendo ironizzare su quanto intorno gli
si manifesta, come dimostrano le sue impressioni scritte:” Ho disegnato proprio adesso san Pietro con le chiavi, san Paolo con la
spada e san Luca con mia sorella; ho avuto l’onore di baciare il piede a san
Pietro in Sanct Pietra, e poiché ho la disgrazia di essere così piccolo, allora
mi hanno issato su come un vecchio straccio.” La nobiltà romana gli apre le
porte dei suoi palazzi in rapida sequenza: il principe Sigismondo Chigi, amico
del Metastasio, con la presenza del cardinale Segretario di Stato Pallavicini (Palazzo
Chigi), la principessa Barberini (Palazzo Barberini), il duca Odescalchi (Palazzo
Altemps, all’epoca sede diplomatica francese e luogo di eventi mondani per
altolocati) e altri. Inoltre, suona al Collegium
Germanicum e presso l’ambasciata di Venezia (Palazzo Venezia): ovunque è un
trionfo!
Al ritorno da
Napoli, durante l’udienza concessagli, il Pontefice gli conferisce, con grande
sorpresa, l’ordine dello Sperone d’Oro, elevandolo al titolo di cavaliere,
riconoscendolo “soavissimo suonatore di
cembalo”. Il 6 luglio nel Palazzo del Quirinale, con solenne cerimonia,
l’adolescente Mozart riceve, dal cardinale Pallavicini, la croce d’oro, il
nastro rosso, la spada e gli speroni. Il giorno 8 partecipa all’udienza papale
nella Basilica di S. Maria Maggiore, indossando le insegne del cavalierato,
onorificenza che, in futuro, non favorirà la sua ascesa sociale, rimanendo pur
sempre un musicista, dunque “servitore” di qualche nobile committente,
condizione da cui, convinto della sua dignità di libero artista, si affrancherà
nel 1781.
Nel corso del
suo soggiorno romano, compone il minuetto in si bemolle K 122, almeno l'aria Se ardire, se speranza K 82 (testo del Metastasio) e le tre
sinfonie K 81, K 95, K 97.
Alla sorella
Maria Anna il 25 aprile scrive, come gli è usuale, in italiano:”Finita questa lettera, finirò una sinfonia
mia, che cominciai, l’aria è finita, una sinfonia è del copista (il quale è mio
padre) perché noi non la vogliamo dar via per copiarla, altrimenti essa sarebbe
rubata”.