Il
Santuario della Scala Santa, oggetto di un mio studio comprendente altresì i
sotterranei, è già stato argomento del mio post
-“I mosaici medievali della Cappella del Sancta
Sanctorum”- pubblicato lo scorso 18 marzo, nel quale ho descritto la sua genesi
soffermandomi, per l’appunto, sulla preziosa decorazione musiva della scarsella,
che corona la fulgida immagine Acheropita del Cristo.
Nella
zona destra, del corridoio superiore del Santuario, magnificamente si apre la
Cappella di S. Lorenzo, attraverso cui si accede al Sancta Sanctorum per mezzo di una porta bronzea, forse del IV
secolo. Quest'aula, titolata in ricordo dell’antico oratorio di S. Lorenzo in o de
Palatio, com'era nominata l’antica Cappella papale, successivamente detta Sancta Sanctorum, costituisce un
organismo cultuale autonomo edificato anch’esso, come tutta la struttura
architettonica, da Domenico Fontana, nel contesto dell’intervento di Sisto V (1585-1590),
cui l’ampio ciclo pittorico, il più complesso insieme di affreschi romani di
questo periodo (1586-1590), ne conclude l’impresa.
I
relativi temi iconografici sono formulati da alcuni teologi, sui quali s’impone
l’ecclesiastico Silvio Antoniano (1540-1603, cardinale dal 1599), propugnatore
dei principi morali e “formativi” della Controriforma; le immagini, perciò,
rivolte ai visitatori devono insegnare, dilettare l’animo e suscitare
commozione (docere, delectare, movere).
Il
Fontana, quale architetto del pontefice, è arbitro di tutte le grandi
realizzazioni sistine, di cui le opere pittoriche, in questo caso, ne rappresentano
una parte della multiforme estensione; per tale ragione l’architetto
sovraintende all’attività dei pittori Giovanni Guerra (già con antecedenti
rapporti di collaborazione con lo stesso Fontana) e Cesare Nebbia, ai quali è
affidata la guida dei lavori ornamentali del Santuario. Dal 1586 al 1591 essi
formano, in Roma, una sorta di “sodalizio imprenditoriale”, impiegato in
notevoli cantieri, coordinando, in rapporto alla relativa ampiezza, sino a
cento artisti, secondo un’organizzazione che include molte figure quasi “artigianali”,
scelte secondo una forte selettiva “suddivisione tecnica”, ai fini di una rapidità
e, per quanto possibile, omogeneità esecutiva. Il Guerra, che progetta lo
schema pittorico, possiede uno stile che dona chiarezza alle scene
iconografiche, mentre il Nebbia, che ne realizza i disegni, esplicita il suo
eclettico carattere plastico con brillante cromatismo e morbidezza dei contorni
delle raffigurazioni.
La
struttura creata dai due artisti-imprenditori risponde integralmente, quindi,
al programma di rinnovamento architettonico, monumentale e urbanistico, della
Città, attuato da Sisto V, nel quale è compresa l’edificazione e l’insieme
degli ornamenti del Santuario della Scala Santa, in cui un folto gruppo di
pittori, pur di origini formative diverse, partecipa al “cantiere iconografico”
lavorando, spesso, a più mani in relazione alle differenti “abilità personali”
(artefici di figure, d'inserti paesaggistici e così via), per concretare, in
breve tempo, tutto l’impianto decorativo. Ne scaturisce, in molte sezioni,
un’eterogeneità di caratteri raffigurativi, sebbene questi ultimi conchiusi in
calligrafica elegante cifra manieristica, nella quale appaiono, in forma di
registro unitario, i caratteri espressivi come rapida irradiazione divulgativa.
In tale particolare contesto, cui si accompagna la mancanza di specifici
documenti ai fini delle attribuzioni, permane ancor oggi la difficoltà di
riconoscere tutti i singoli autori.
La
Cappella di S. Lorenzo, nel percorso teologico del Santuario, imposta una sorta
d'intenso spirituale vano, che annuncia il sublime ambiente del Sancta Sanctorum, come palesa la scritta
– voluta dall’Antoniano- corrente lungo le pareti sottostanti alla volta
dipinta (iniziando e concludendo sui due lati che precedono l’ancona di S.
Lorenzo), tratta dalla prima Epistola ai Corinzi di S. Paolo (capitolo 1, versetti
23 e 24; capitolo 2, versetto 2): “AUTEM
PRAEDICAMUS CHRISTUM CRUCIFIXUM IUDAEIS QUIDEM SCANDALUM GENTIBUS AUTEM
STULTITIAM IPSIS AUTEM VOCATIS IUDAEIS ATQUE GRAECIS CHRISTUM DEI VIRTUTEM ET
DEI SAPIENTIAM NON ENIM IUDICAVI SCIRE ME ALIQUID INTER VOS NISI IESUM CHRISTUM
ET HUNC CRUCIFIXUM” (Noi predichiamo Cristo crocifisso scandalo per i
Giudei e follia per i Gentili ma per i chiamati sia Giudei sia Greci Cristo è
potenza di Dio e sapienza di Dio perché in mezzo a voi preferii di non sapere
altro che Gesù Cristo e Lui crocifisso).
Il
lato sinistro della Cappella accoglie un ampio spazio ove risalta l’altare con
l’affresco “S. Lorenzo venerato dai
fedeli sopra i quali si erge la gloria di Dio Padre e di Suo Figlio”,
assegnabile a Baldassarre Croce, detto il Baldassarino, che esemplifica il suo
decorativismo manierista e l’impaginazione agiografica, pietistica e discorsiva
delle sue opere, benché compiute unitamente a un fermo tratto compositivo. Dello
stesso pittore è attribuito il disegno, posto sulla parete sinistra, del
dipinto murale “S. Sisto II e S.
Francesco d’Assisi”, inteso quale affermazione dei meriti e delle virtù di
Sisto V, già francescano, idealmente paragonato a quel suo antico predecessore,
morto in seguito alle persecuzioni dell’imperatore Valeriano (258). Al martire,
secondo una tradizione sorta nell’ultimo quindicennio del IV secolo, è
associato il diacono Lorenzo (titolare della Cappella), come ribadisce il
sottostante gradevolissimo monocromo, figurando l’arresto del pontefice dinanzi
al suo arcidiacono.
Gli
affreschi dei timpani e della volta (secondo alcuni studi ascrivibili al Guerra
e al Nebbia) riprendono lo stesso programma cultuale iconografico della Scala
Santa e di quelle laterali, tramite un ciclo di parafrasi liturgiche, profetiche,
storiche esaltanti la Passione, per mezzo della quale la salvezza umana si
svela tangibile realtà.
Una
visione della fisionomia delle sei vele del soffitto, che maggiormente lo
caratterizza, inizia dal lato sinistro dell’aula, ove il volo di “Piccoli angeli con strumenti della Passione”
accompagna la visione della “Fede”,
in vesti bianche, che saldamente tiene la croce e il calice dell’Eucarestia, mentre
altri “Piccoli angeli con lance”
sembrano suggellare questo segmento della copertura architettonica; sulla
parete opposta sono effigiati “Piccoli angeli
con la corona di spine” e una piena “Carità”
che amorevolmente accoglie tre pargoli, in una levità d’insieme espressa dai “Piccoli angeli librati in aria ” e dai “Piccoli angeli con l’Eucarestia”.
Monocromi, rettangolari, nelle pareti rappresentano altre coppie di “Angeli con strumenti della Passione”. Si
notano figure di leoni rampanti, i quali richiamano elementi dell’arme di Sisto
V così come i trimonzi (ognuno formato da tre piccoli monti); la lode a questo
pontefice è proclamata su tutta la superficie dipinta, con elementi del suo
stemma e con l’inscrizione del suo nome, che l’etereo “Volo degli angeli”, accolto in due riquadri, celebra dispiegando il
cartiglio per la sommità celeste. Come un passo meditativo agli spicchi della
volta appaiono rami di pero, allegoria della purezza infusa dall’immacolato
biancore dei suoi fiori (talvolta evocanti la suprema castità della Vergine).
Sulla
parte centrale della volta risalta la “Trinità
in gloria” con angeli, verso la quale otto Dottori della Chiesa vi
conducono lo sguardo del fedele, tramite un percorso modellato dai principi
fondamentali contenuti nella Sacra Scrittura, secondo quanto interpretato e asserito
dalla Chiesa stessa, svolgendo uno schema consono ai dettati del Concilio di
Trento.
Avviando
la visuale dalla sezione di sinistra, al di sopra l’altare maggiore, si
stagliano le figure, indicate con il loro nome in latino, di: S. Basilio (l’enunciatore definitivo del
dogma trinitario “Una sola essenza in tre
ipostasi”); S. Ambrogio (il
pastore di grande caratura spirituale; il suo pensiero e la sua azione
costituiscono uno dei cardini del Cristianesimo); S. Agostino (tra i sommi pensatori cristiani, concepisce la fede
quale salda unione dell’uomo con Dio, mirando a un’esistenza discosta
dall’asservimento alle passioni mondane, che permette di riconoscere Gesù unica
via per giungere alla Verità e quindi alla Salvezza); S. Tommaso d’Aquino (nella sua “Summa
Theologiae” espone il concetto che tutte le “creature razionali” provengono da Dio e che, attraverso Gesù, ritrovando
la loro vera natura tornano al Padre Celeste); S. Bonaventura (alle volte definito il secondo fondatore
dell’Ordine Francescano, manifesta la sua concezione cristocentrica nel seno
della Chiesa, resa ancor più luminosa dai suoi figli allorché ne osservano i
precetti, sgorgati dal Vangelo, Parola di Dio custodita dalla Chiesa medesima);
S. Girolamo (autore della traduzione
in lingua latina dei Vangeli e di molti altri testi sacri, afferma che, la
Parola di Dio, è stata donata all’uomo affinché egli la condivida attraverso una
comunanza spirituale, atto, che unisce durante il cammino verso il Creatore del
tutto, con il quale si “costruisce” la comunità e dunque la Chiesa, luogo
privilegiato della lettura e dell’ascolto delle Sacre Scritture, che la
liturgia rende pulsante nell’animo umano); S.
Gregorio (definisce fondamentale l’insegnamento della Chiesa, quale voce di
Cristo, per affrontare quel cammino salvifico che approda all’infinita luce di
Dio); S. Giovanni Crisostomo (formidabile
predicatore, censuratore di tiepidezze spirituali e fustigatore di vizi).
Sopra
il lunettone che anticipa l’altare maggiore e in quello sopra alla
corrispondente parete opposta, appaiono due leoni, i quali, in questo caso,
simboleggiano il Cristo “Leone … della
tribù di Giuda”, come viene appellato nel libro dell’Apocalisse, capitolo
5, versetto 5; inoltre, tale immagine è rafforzata da un’antica consonanza
figurativa, derivata dal Physiologus,
testo composto in greco da un autore sconosciuto tra la seconda metà del II e
l’inizio del IV secolo, cui il tono simbolico-metafisico paragona questo felino, nel suo aspetto
positivo di origine solare, al Messia.
Posando
nuovamente lo sguardo sul primo lunettone, si nota nel riquadro centrale l’affresco
che racchiude la diffusa luminosità del “Paradiso”,
con due angeli musici in evidenza, frammesso tra due figure di “Profeti”, insieme pittorico riproposto,
con variazioni, sulla parete opposta con altri personaggi profetici, i quali, anche
per alcune particolarità inconfondibili, rappresentano “Mosè”
ed “Elia”.
Tra
il gruppo di artisti, impiegati in questo “cantiere”, riluce di finissima
qualità artistica l’opera di Paul Brill, autore delle lunette con “Paesaggi”, poste sopra le tre finestre del
lato destro e in quello sinistro sopra l’arme di Sisto V. Del pittore fiammingo
si ammirano, anche in questi affreschi, gli effetti spaziali, i motivi
compositivi prossimi all’estro poetico, un accentuato contrasto di luci e di
ombre, un intenso accostamento di piani cromatici.
Quest’aula,
così nutrita d'immagini e di elementi pittorici, “escogita” risalti che portano
alla luce un energico “testo” religioso; esso è stato riconsegnato alla sua
fastosa articolata figurazione policroma grazie a un pregevole restauro, la cui
cerimonia inaugurale si è svolta nella Cappella stessa lo scorso 11 giugno.
Come
affermato, durante l’inaugurazione, da padre Francesco Guerra, rettore del
Santuario, nel rinnovato spazio si avverte “la
gioia di esserci … in questa Cappella restituita nella sua luce, nella sua
bellezza”, ove la persona avverte una sensazione di levità sospesa “tra cielo e terra”; un ambiente “che aiuta a vivere il mistero del sacro”.
L’incontro
è stato contrassegnato altresì dall’intervento di padre Ottaviano D’Egidio,
superiore generale emerito dei Padri Passionisti, dalla relazione tecnica dei
lavori svolti del professor Arnold Nesselrath, direttore responsabile dei
restauri alla Scala Santa, della presentazione dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums di padre Mark Haydu,
direttore di tale Associazione di patrocinatori dediti a un’opera di “tutela
artistica”, dell'illustrazione del professor Paolo Violini, maestro
restauratore dei Musei Vaticani, riguardo al restauro esguito e concluso.
Sono
stati risolti felicemente, quindi, problemi di staticità, di infiltrazioni di
umidità, di alterazione dei pigmenti e di altre incoerenze, che riducevano in
evidente deterioramento le parti decorate, sino a provocarne, in alcuni tratti,
“l’illeggibilità”. Un nuovo plauso,
dunque, al professor Violini e al suo gruppo per il magnifico palese risultato
acquisito; voglio, perciò, menzionarne i componenti: Francesca Cencia, Patrizia
Giacomazzi, Alessandra Ferlito, Filippo Leopardi, Carine Heiniger, Chiara
Munzi, Giorgia Pinto, Serena Sechi, Laura Ugolini.
La sezione affrescata verso l'altare maggiore
La sezione affrescata verso la parete di fondo
Una sezione affrescata del lato destro
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