Tra
le gemme artistiche che profondamente asseriscono l’unicità di Roma, quella che
si concreta nell’appartata magnificenza di S. Maria in Portico in Campitelli,
possiede una singolare monumentalità, che dal prospetto, con poderosa eufonia,
avanza sino all’aureo tabernacolo dell’altare maggiore, ove la ieratica icona
della Vergine con il Bambino
troneggia, confermando il solenne titolo di “Romanae Portus Securitatis” (Porto della Romana Sicurezza),
suggellato da papa Alessandro VII nel 1665. Carlo Rainaldi (1611-1691) è
artefice di tutto l’organismo architettonico, sebbene assistito da Giovanni
Antonio De Rossi (1616-1695), il quale altresì riporta graficamente il progetto
di questa magnifica “macchina” -che custodisce quella venerata immagine-,
derivata da una prima elaborazione dello stesso Rainaldi, modificata attraverso
un grandioso modello di Melchiorre Cafà, detto il Maltese (1635-1667),
probabilmente eseguito in cera poco prima della sua precoce morte.
Se
la facciata enuncia un magnificente movimento chiaroscurale, l’interno sancisce
la singolarità dell’impianto già dalla sua apertura, con i suoi rastremati
transetti accoglienti chi entra in questo tempio. L’impianto consiste in un’unica
navata, suddivisa in due vasti ambienti, di cui il primo richiama una sorta di
pianta centrale, croce greca, mentre il secondo sviluppa un particolare insieme,
sospinto dall’asse longitudinale. Tale sistemazione crea un riguardevole
effetto, grazie al quale lo
spazio sembra affermarsi attraverso una sua insita elasticità, per la forza che,
le due assi trasverse, imprimono al corpo edificato. Si materializza, perciò,
un originale senso prospettico, combinato dallo sciogliersi del ferreo legame
della navata con le cappelle laterali, soluzione che elimina sia una manualistica
fusione, sia un rovinoso disgregamento di metodi propri dell’architettura; al
contrario avviene un accostamento dei diversi elementi strutturali, ognuno dei
quali, pur mantenendo una propria sintassi, si pone in intima corrispondenza
con gli altri.
Un’armonia insolita raccorda quegli urti,
quelle masse murarie diverse, quei corpi architettonici disuguali ma uniti
nella complessità scelta dal Rainaldi, rivelata in questa ammirabilissima
visione spaziale, dove imponenti ventiquattro colonne – numero che può rimenare
dagli Anziani dell’Apocalisse assisi attorno al trono di Dio, multiplo di
dodici come i figli di Giacobbe e le tribù d’Israele e altrettanto come gli
Apostoli- imprimono il punto focale verso il fondo dell’edificio, in cui si
erge la monumentale e sfarzosa realizzazione barocca, che riluce di bellezza
abbracciando la piccola immagine della Vergine
Odigitria, Colei che indica la via della salvezza: Gesù (bambino).
La contrapposizione scenica tra l’apparente
gelo architettonico della navata – disadorna-, la fulgidezza degli ambienti
laterali e il sorprendente mosso fulgore di ciò che ospita l’altare maggiore, ci
inducono a percepire una “insueta” sacralità musicale, mai atona in questa
articolata struttura architettonica. Infatti, il Rainaldi è un artista intento
altresì ai suoni degli strumenti, che la perfetta ripartizione acustica di
tutto l’ampio sito comprova. La sua capacità dinamica deriva proprio da quella
antitesi, fra la spoglia pietra della parte longitudinale e la ricca pienezza
delle altre sezioni, come se una sonorità fosse alternativamente emessa con
forte intensità e con tono piano, sommesso.
Sembra di ascoltare un efficace contrasto
sonoro tra virtuosi solisti e un “tutto ripieno”, articolazione di movimenti descritti
da piene successioni musicali e singole strofe predominanti nei momenti
digressivi. Tale sentire, che tramuta nel sacro l’ascolto, si conferma in
occasione dei concerti eseguiti in questa versatile opera d’arte, nei suoi
sommi spazi divenuti partiture chiaroscurali, nei quali l’animo si scopre nella
sua leggiadria -che Dio in origine ha inspirato nell’umanità-, approdando a
quelle sublimi altezze, per mezzo d’intense spirali di melodie, di echi, di
accenti, di pause frementi.
L'originale sistemazione architettonica vista dalla cantoria centrale |