La volta della Cappella dedicata alla Vergine, detta anche Vergine delle Grazie, della Basilica di S. Apollinare, Cappellania della Pontifica Università della Santa Croce, comprende un raro monogramma mariano, da me rilevato -dopo lunghe ricerche- quale sinora unico in Roma, di cui manca dunque, per quanto minutamente esaminato, un’appropriata interpretazione.
Il Complesso "dell'Apollinare" racchiude gemme artistiche, quali, ad esempio, la statua di S. Francesco Saverio (cui il mio post è, attualmente, il sesto tra i più letti), oltre a delle quasi unicità come il monogramma mariano in argomento.
Il monogramma "dell'Apollinare" confrontato con quello comune
Prima
di illustrare specificatamente tale peculiare “insieme di segni”, occorre
soffermarsi sulla “visione” del termine parola-lògos, aspetto essenziale
in merito al tema che, in questa sede, viene esposto. Nel Vecchio Testamento,
la parola di Dio, è il ripetuto traslato manifestante l’effetto repentino della
Sua volontà, perciò non vi è espressa una definita quintessenza della “persona
parola”. Tale “sottile sostanza” è affrontata, durante l’età ellenistica, come concetto
intellegibile,
unito a versanti intessuti dalla filosofia, l’aulica sapienza rivolta all’argomentazione
e comprensione di tutte le essenze avvertibili o intrinseche alle idee, queste
realtà
eterne, atemporali ed eteree, delle quali il mondo sensibile è una -spesso sfuocata-immagine.
Il lògos, cui l’etimo include soprattutto il significato “parola, ragione” come attesta Eraclito, ripresa successivamente da altri pensieri filosofici greci. Essi individuano in “lògos” la divina ragione che, permeando il mondo, vi diffonde la sua sostanza, lo vivifica e lo sospinge verso il suo compiuto disegno
Nel successivo complesso sapienziale greco-ebraico, si definisce la sapienza divina “lògos”, che, in Filone di Alessandria, acquista una ben definita personalità come prima potenza -nello spazio e nel tempo- palesata da Dio, con potere mediatore tra il Creatore stesso e la realtà molteplice, espressa nel e dal mondo. Il lògos perciò appare il custode e il propagatore della composita idea, intesa quale aspetto, forma della plurima creazione, forza senziente che colma la voragine interminata disgiungente Dio e il mondo. Esso però rimane “immagine teorica” di Dio, percepita dunque come primo principio della realtà sensibile, energia fondamentale la quale sostiene tutti gli elementi, la “via filosofica” che consente, all’umanità, di elevarsi giungendo alla contemplazione interiore di Dio: argomenti di sapore quasi dottrinale circa il lògos figurato come luce e vita.
Nella visione propria del Vangelo, il lògos è, secondo quanto afferma Giovanni, l’incarnato Verbo di Dio (Verbum Dei), Cristo, la Parola tangibile di Dio, Sua perfetta immagine. Viene enunciata quindi la natura del lògos nell’eterna azione divina, concreta persona per mezzo della quale si esplica la redenzione umana. “Nel principio era la Parola (il Verbo di Dio) e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. In lei era la vita…” (Giovanni cap.1, vers.1-4). Ancora “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui (il Verbo di Dio) …” (vers. 9 e 10), “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi …” (vers. 14).
Quantomeno
un accenno richiede l’elaborato approfondimento, avvenuto nel primo Cristianesimo,
contemporaneamente alle questioni cristologiche e trinitarie, con la rilettura
di definizioni formulate dal pensiero filosofico greco e lo sviluppo di una cristiana
conoscenza. Infatti, questa è rivelata da ciò che deriva da Dio, non
riducendone perciò le connotazioni a un riecheggiamento
di concetti già elaborati ma risaltandone il nuovo divenire svelato, quindi non
eternamente immobile. A tal fine si possono citare, tra gli altri, Giustino, Ireneo
di Lione, Clemente Alessandrino e Agostino; in particolare quest’ultimo rileva l’acuta
attinenza tra alcuni tratti della letteratura filosofica greca e, per
l’appunto, la verità cristiana rivelata nella completezza, che evidenzia l’essenza
reale del Verbum Dei.
Ulteriore
aspetto necessariamente da considerare -se non altro in breve-, riguardo
l’argomento trattato, attiene al simbolo. “Elemento” -o insieme di “elementi”- evocante la sostanza di quello che in assoluto
esiste, soprattutto circa le entità immateriali. L’arte, nel suo ampissimo
percorso temporale -almeno sino alla metà del XVIII sec.-, è pregna di capaci
simboli -non considerati meri “vezzi” estetici- come ad esempio esemplifica il
granchio, effigiato ai piedi della poetica statua di S. Francesco Saverio -un
episodio della sua vita s’intreccia con quel crostaceo-, realizzata da Pierre
Legros, detto il Giovane (appellato anche Pierre II Legros) proprio per la
“nostra” Basilica.
Quanto
finora esposto, come detto all’inizio di questo articolo, è strettamente
connesso al portato del monogramma in argomento.
L’ambiente
in cui esso è posto scaturisce dalla creatività architettonica di Ferdinando
Fuga, che realizza un sacello a pianta rettangolare (aprile del 1742-agosto
1747), ripresa in chiave personale dell’originario vestibolo borrominiano compreso
nella trasteverina S. Maria dei Sette Dolori.
L’inconsueto
monogramma “dell’Apollinare”, posto com’è in alto, a una vista distratta,
sembra non comprendere alcuna particolarità. Un’attenta osservazione però ne
manifesta, di quei segni grafici, la peculiare composizione, quasi unica.
Proprio il Fuga, forse su suggerimento di un suo stretto collaboratore, deve
aver introdotto, in tale ambiente, lo stesso rarissimo monogramma -strettamente
connesso al significato cultuale proclamato dall’affresco della Vergine- sito nella sagrestia
della chiesa aquilana di San Marco, in gran parte ricostruita dopo il terremoto
del 1703. Vicino ad essa sorge l’ex chiesa di S. Agostino (attualmente spazio teatrale),
ugualmente quasi distrutta dal medesimo sisma, cui, il Fuga, ne avrebbe disegnato
un progetto. Successivamente, nella stessa città dell’Aquila, inizia il lavoro riguardante
la chiesa di S. Caterina martire (1747-1752), ove la sua mano si evidenzia. Questi dati storici producono la razionale ipotesi che,
l’architetto, debba aver visto il su citato monogramma, per poi riprodurlo
nella “nostra” Cappella, considerando che egli, nel 1748, dà pure avvio
all’elevazione del nuovo “Palazzo Apollinare” e quindi il monogramma potrebbe
essere stato eseguito durante i lavori di tale edificio.
Alzando
lo sguardo verso la volta, appare evidente la forma a trigramma, concretando un
vivido fonema, l’eminente suono del principio nel quale era la Parola e la Parola era con Dio e la Parola
era Dio. Eterna radice della creazione, in quanto il Padre Eterno ha
creato il suono e l’universo è nato da esso. Il Verbo si è fatto carne per mezzo di Maria, che l’argomentato
simbolo ne attesta l’unione inscindibile con Gesù Cristo, secondo il piano
salvifico divino. Miryam in ebraico, Maryam
in aramaico, la lingua parlata dal popolo, deriverebbe dall’egiziano Mryt
“beneamata, che ha in sé intensa grazia”, oppure, come sembra da aggiornati
studi, scaturirebbe da una voce semitica nord-occidentale “rum” “persona
elevata”, perciò Miryam significherebbe “eccelsa, elevata”. Già il suo
nome la proclama, da ogni visuale, sublime, destinata alla sommità dei cieli.
Il “nostro” monogramma si distingue da quello
tradizionale, poiché accentuato da due “S” non coincidenti -però speculari- nell’avvolgere
le barrette laterali della “M”, affermando, per l’appunto, l’unione della Vergine
al disegno redentivo voluto da Dio, sostanziato attraverso il Cristo. Se tali consonanti
enunciano l’aggettivo, riferito a Maria, Santissima Madre di Dio, invero
distinguono un ulteriore e più sottile significato. La loro foggia serpentiforme,
infatti, rimanda al Vangelo di Giovanni (capitolo 3, vers.14-15:” E come
Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figliol dell’uomo sia
innalzato, affinché chiunque crede in lui non perisca ma abbia vita eterna”.
Il passo evangelico si riferisce al libro veterotestamentario Numeri (capitolo 21,
vers.8-9), passi successivi alla descrizione della punizione divina avvenuta
per mezzo di mortali serpenti:” E l’Eterno disse a Mosè: “Fatti un
serpente ardente e mettilo sopra un'asta; e avverrà che chiunque sarà morso e
lo guarderà, scamperà (dalla morte). Mosè allora fece un serpente di
rame e lo mise sopra un’asta; e avveniva che, quando un serpente aveva morso
qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, scampava”. Il serpente è
in relazione con la terra (vive sia nei luoghi umidi sia nei deserti) e il
mondo infero (grembo fertile della Terra; vive anche in ambienti ipogei), che, già creatura
negativa, risalendo le superfici diviene diffusore di guarigione e di rinascita
altresì spirituale. Raffigurazione quindi dell’opera redentrice sostanziata,
nella storia umana, da Cristo Gesù. Invero, Egli avoca a sé l’inconoscibilità,
l’imperscrutabilità del suo patire sulla croce, su cui morirà (per risorgere
dal sepolcro e sancire la vita eterna a chiunque a Lui si volga), decifrando e
dischiudendo il significato dell'antico atto -dal senso profetico- eseguito da
Mosè. Il serpente posto sull’incrociato legno si trasforma in efficace simbolo
di Cristo, il quale trasfigura il peccato, assumendone il gravoso peso tramite
l’Incarnazione, rendendolo sterile -poiché estraneo al suo essere Vero Uomo,
Figlio di Dio- quindi simbolo di rinnovamento e di risveglio spirituale, dunque
di resurrezione, conseguenza di quell’offrirsi con quell’atroce supplizio
mortale.
Oltre a ciò, quelle due “S” aprendo e
chiudendo, nei versi espressi, il monogramma, sottintendono un’aggiuntiva acuta
accezione, riferita al Cristo lògos-verbum: "Ego
sum Α et Ω" (“Io sono l'alpha e l'oméga”; Apocalisse cap.1,
vers.8), “Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine” (Apocalisse
cap. 21, vers.6). Gesù Cristo affermando la sua identità divina, quale Alfa e
Omega, definisce sé stesso eterno e perciò uguale a Dio, dunque Egli è Dio. A
tal proposito giova rammentare due passi contenuti nel libro di Isaia: “Io
sono il primo e l’ultimo” (cap.44, vers. 6), “Io sono il primo e sono
pure l’ultimo” (cap.48, vers.12-13): Dio, riferendosi a sé stesso, asserisce
la sua interezza, la sua pienezza infinita quale “primo e “ultimo”.
Al
centro della “M” s’interseca la vocale “A”, che mantenendo, volutamente, la
relativa barretta orizzontale, a differenza della comune impostazione, forma,
con le due linee obblique verticali della stessa “M”, due triangoli equilateri,
sovrapposti, dall’implicito valore simbolico trinitario. In effetti, sin dai
primi secoli del Cristianesimo ne declama lo svelamento prodotto da Cristo:
Padre, Figlio e Spirito Santo. Il vertice glorifica Dio Padre mentre i lati della
base inneggiano a Dio Cristo e a Dio Spirito Santo: Dio Uno e Unico, dalla sola
sostanza divina, nel quale esistono e agiscono tre uguali persone sebbene
distinte. Molte volte le raffigurazioni artistiche mostrano un alone/aureola
triangolare intorno e sopra la testa di Dio Padre, immagine della Trinità.
All’interno
della “A” si nota, come accennato in precedenza, un altro triangolo,
quest’ultimo rovesciato, dunque con l’apice rivolto in basso: l’azione divina sulla
terra, l’incarnazione del lògos e l’opera dello Spirito Santo.
Geometrico “impianto” che ribadisce l’Unico Dio, attraverso il quale si compie l’armonia del sistema dualistico “cosmico”: “Padre
nostro che sei nei cieli … sia fatta la tua volontà, come in cielo così
in terra”. Il capitolo sesto del Vangelo di Matteo (vers.10-13) riporta la
fondamentale preghiera dettata da Cristo, cui altresì echeggiano i due
triangoli del monogramma, reale inno teologico.
Cogliendo la valenza simbolica narrata da quell’insieme di segni, nell’animo sorge un intenso sentire in armonia con quanto il templum esplicita: non un’afona sacralità ma una sinfonia sacrale sospingente lo sguardo e il “petto”, sede della sensibilità, verso il cielo, per essere anime viventi in terra.
Ringrazio il Rev. Dott. don Manuel Miedes, Rettore della Basilica di Sant'Apollinare, per la gentile autorizzazione circa la pubblicazione delle immagini comprese in questo post