La
Chiesa di S. Ignazio di Loyola in
Campo Marzio si manifesta quale uno dei più maestosi esempi di architettura
barocca, come conferma la sua grandiosa facciata e il suo sontuoso interno, le
cui forme sono opera del gesuita Orazio Grassi (1583-1654) –architetto e
matematico-, prefetto della Fabbrica dal 1627 al 1633, al quale subentra un suo
collaboratore, Antonio Sasso, anch’egli padre gesuita, che modifica,
parzialmente, il prospetto.
Questo
luogo di culto rende, però, testimonianza delle elevatissime capacità
artistiche di un altro gesuita, Andrea Pozzo (1642-1709), pittore e architetto.
Infatti, quest’ultimo è l’autore della stupefacente “Entratura di S. Ignazio in Paradiso”, sua opera maestra, che decora
la volta della navata, disserrando con la sua felice fantasia compositiva il
senso assoluto, d’incommensurabile profondità, dell’etere sotto al quale (nelle
imposte) sono raffigurate le“Quattro
parti del mondo” che, profondamente toccate dalla fede cristiana conosciuta
per mezzo delle incisive predicazioni gesuitiche, “stanno in atto di gettare da sé i deformissimi mostri o d’idolatria o
di eresia o di altri vizi”, come ci indica lo stesso Pozzo. Pur la finta “Cupola” è suo capolavoro d’illusionismo
prospettico, il quale diffonde nell’aria la “meraviglia” del Barocco,
sigillando con estro l’imponente fastosità di tutto l’enorme spazio, ove anche
il catino dell’abside (Gloria di S.
Ignazio), la volta del presbiterio (Scene
della vita di S. Ignazio) e quella del braccio destro del transetto (S. Luigi Gonzaga) celebrano la
felicissima vena di questo maestro, che sembra concludere il suo ciclo
pittorico, in tali vastissimi ambienti, nelle quattro superfici limitate dei
pennacchi della sua cupola (David,
Giuditta, Sansone, Giaele), levati tra le alte e possenti spinte delle
arcate. Dal suo lavoro magistrale
risaltano le interpretazioni dell’opera sia del Borromini –attraverso l’aspetto
pittorico-, per la ricerca dei contrasti di luci geometriche, assimilati
mediante differenti grandezze cromatiche, in un avvicendamento di spazi
cangianti, speculari a nervature architettoniche portanti, sia del Bernini, per
la resa monumentale dei ricchissimi altari dei due bracci del transetto: quello
di “S. Luigi Gonzaga”, che riluce
nella parte destra (pala marmorea di Pierre Le Gros, il Giovane), quello della
“Annunziata” nel braccio sinistro
della crociera (pala marmorea di Filippo Valle). L’artista trentino, dunque, in
queste due creazioni architettoniche si rivolge al genio beniniano, realizzando
una massa scenografica enunciante quella libertà compositiva, che sfugge
tuttavia la ridondanza anonima per definire un singolare movimento aereo,
morbido.
Oltre
queste –ed altre- sfavillanti somme di pieni elementi artistici, appartata
rimane la notevole Sacrestia, ritmata da preziose fughe ebanistiche, le quali
sembrano incorniciare la volta e le lunette affrescate da un altro gesuita,
Pierre De Lattre (1606-1683), mentre l’altare (di origine cinquecentesca), la
cui ancona è dipinta dalla stessa mano, dal fondo della parete trasversale in
alto sospinge il raggio visivo, con sottile modo prospettico. Di questo
pittore, indubbiamente, “minore” sono visibili due opere nella medesima Chiesa
nella navata sinistra: S. Gregorio Magno
(prima cappella), SS. Francesco Saverio e
Francesco Borgia (seconda cappella).
Tutto
lo spazio occupato da questo locale, così funzionale alle celebrazioni liturgiche,
è decorato dall’artista fiammingo, il quale nelle “lunette trasversali” dipinge
-differentemente a quanto dipinto nelle altre parti di questo riservato
ambiente (Storie di S. Ignazio)- due altri
temi: “Riposo durante la Fuga in Egitto” e
“Annunciazione”. Quest’ultimo,
secondo confermati studi, riproduce, parzialmente, un affresco di Federico
Zuccari (1540, circa-1609), già esistente nella Chiesa dell’Annunziata,
edificata tra il 1562 e il 1567, annessa al primo Collegio Romano, demolita nel
1626, poiché divenuta non idonea a contenere, nelle frequenti funzioni
religiose, il gran numero di studenti del medesimo Collegio, nel frattempo
ingrandito (1581-1584). Se la necessità di innalzare un tempio adeguato al corpus studentesco, costituisce la causa
decisiva della nuova costruzione, non si deve escludere, contemporaneamente, la
volontà di erigere un monumento, di grande “tangibilità”, che concreti quel
sentimento di universalità, quindi cattolico, espresso con nuova ricchezza,
sgorgata da contrappunti di luce e di penombre, di audaci sinfonie plastiche e
architettoniche e di quiete armonie.
Sulle
dilettevoli sponde della quietezza ci accompagna “Fratel” Pierre De Lattre,
riproponendo quel disegno che, secondo lo Zuccari, si origina nella mente
dell’artista come reale ispirazione divina, distinto quindi da quella capacità
tecnica che, invece, lo esteriorizza in un contesto ben determinato.
Potremmo tentare di descrivere questa
teoria, dell’artista marchigiano, espressa nel suo più importante trattato” L’Idea de’Pittori, Scultori et Architetti”
(1607) –“humus” altresì dell’affresco
della “Annunciazione” - come il
manifestarsi di un moto fluente, spiegato verso la bellezza tanto alta e dall’arte
risolta. Moto che svela il linguaggio distinto dal noto, ove l’intelletto è
verso di soffio vitale, in quella riva mentale da cui i pensieri s’innalzano d’universo, di mistero. Ricerca, perciò, di quella consonanza intuita tra l’uomo e quel
tutto che lo cinge, attraversando lo stato di un interiore squarcio di quella densa
coltre, apparente e inscrutabile verità, che lo divide dalla profonda natura
divina in lui pulsante. Suscitare quell’innato affetto volto all’infinitezza, che
svelle nel petto quella stantia dimora, eretta dall’usualità, attraverso una costa
meditativa, sino ad abbracciare, in un vuoto pieno, l’eternità che infrange il
tempo. E in tale prospetto si mostra il tratto, con luce, con diafane ali, in
quell’empireo quale riva primigenia dell’uomo, luogo esplicito del nume
(presenza e volontà divina). L’unicità di questa alterità
rimane sospesa, fintanto l’ingegno dà forma a un flutto, che sospinge l’artista
all’unità con l’altro se stesso, astraendolo, in quell’istante creativo, dal
suo divenire quotidiano, per respirare oltre il cardine dell’esperienza trita,
nella visibilità della sua colorata solitudine.
Ecco la grazia e la vaghezza, non più distanti
dall’umanità, che il talento sprigiona permettendo agli occhi la visione dell’incanto;
alveo di viva impressione e di tenera commozione, d’inventiva, di levità e di
gaudio.
Certamente il De Lattre della “Annunciazione” ne ripresenta
un’impaginazione quasi fedele a quella originale, tale da apparire in un’eccellente
resa pressoché “scolastica”, sebbene non avulsa da una certa personale ricerca
accurata e dettagliata dei particolari. Invero, la struttura narrativa, dal carattere
naturalistico, viene espressa con brillante verso descrittivo, in
cui la pittura non rinuncia a evidenziare un’intima partecipazione dell’autore;
raffigurazione che, perciò, dona una certa freschezza e una soavità abile ad
attrarre lo spettatore, con la -quasi- spontaneità degli atteggiamenti dei
personaggi, accostevoli per gli sguardi di chi li osserva. La preziosa leggerezza
delle gamme cromatiche, così ariose e, insieme, elaborate e un’ottima
impostazione delle figure nello spazio, compongono la scena nella quale diviene
tangibile l’immaterialità della fede.
La sostanza iconografica di tale affresco
corrisponde a quella funzione esplicativa, teologale, originata dal Concilio di
Trento (1545-1563), secondo il quale l’artista deve rendere la sua opera
altresì idonea ad insegnare; a questa esigenza si rimodella, generalmente, l’espressione
plastica che ne risalta la vena intensa, emozionale. Il nostro affresco
realizzato, originariamente, dallo Zuccari intorno al 1591 dà forma –mantenendo,
come in tutti i suoi lavori, una certa indipendenza stilistica- a questa
temperie con somma eleganza, con adesione, originale, a valori formali
prefissati.
Nel copiarlo il pittore fiammingo ne reimposta
l’insieme degli elementi figurativi, con alcune sue suggestioni che ne
esplicitano le doti coloristiche tenui e il tocco chiaro ed euritmico,
affrontando in modo sapientemente didascalico –si tratta pur sempre di un
religioso, che agisce in un periodo di glorificazione della Cattolicità
attraverso l’enfatizzazione dell'apostolato gesuitico- il tema del peccato e
del Verbo incarnato per la redenzione degli uomini tutti. Infatti, la scena
dell’annuncio del concepimento verginale è inserita tra le figure di Eva presa
dal convincimento del serpente (al lato dell’arcangelo Gabriele, sospeso su una
radente e candida nube) e di Adamo dormiente (al lato di Maria in raccolta
posa).
Viene effigiata, dunque, l’antitesi tra
la Vergine ed Eva, contrapposizione che scaturisce da quella tra Cristo Gesù e
Adamo, come afferma S. Paolo.”Poiché per
mezzo di un uomo venne la morte, così anche per mezzo di un uomo verrà la
resurrezione dai morti. Poiché come tutti muoiono in Adamo, così anche in
Cristo saranno tutti vivificati” (I Lettera ai Corinzi, capitolo 15,
versetti 21-22). La simmetria fra Cristo e Adamo ha condotto, nel corso della storia
del Cristianesimo, a quello tra Maria ed Eva progenitrice definita “la madre di tutti i viventi” (Genesi,
capitolo 3, versetto 20), attribuzione che viene definitivamente identificata
con la nuova Eva, la Vergine, madre del nuovo Adamo, Gesù Cristo, assimilazione
argomentata in particolar modo da S. Ireneo di Lione (130, circa-202, circa),
che nel suo testo “Adversus Haereses”
(Contro le Eresie), afferma che “come
Eva, la quale, … avendo come marito Adamo... disobbedendo divenne causa di
morte per sé e per tutto il genere umano, allo stesso modo Maria … obbedendo
divenne causa di salvezza per sé e per l'intero genere umano... Così dunque il
processo della disobbedienza di Eva trovò la soluzione grazie all’obbedienza di
Maria. Ciò che Eva aveva legato a causa della sua incredulità, Maria lo ha
sciolto mediante la sua fede”.
Tale concetto è strettamente connesso, dunque, a quello della riconducibilità
di “tutte le cose” in
Cristo, fondamento della salvezza divina, che annienta il peccato e il suo
portato, la definitiva morte, introdotti della disobbedienza di Adamo, ristabilendo
l’immagine di Dio dell’umanità, guastata da quella primitiva trasgressione. L’obbedienza
al Padre, del nuovo Adamo, compensa pienamente l’improbo comportamento del
primo Adamo; l’azione redentrice non può che comprendere la Vergine, poiché con
il suo cosciente spontaneo candore distrugge, accettando immediatamente il
piano di Dio –azione positiva-, la superbia e l’astuzia del serpente,
diversamente da Eva irretita –azione negativa- dalla tremenda furbizia di quel
rettile: ” Come Eva fu sedotta dalla parola dell'angelo (decaduto) al
punto di fuggire davanti a Dio, avendo trasgredito la sua parola, così Maria
ricevette il lieto annuncio per mezzo della parola dell'angelo, cosicché,
obbedendo alla sua parola, portò Dio dentro di sé. E come quella si lasciò
sedurre fino a disobbedire a Dio, così questa si lasciò persuadere in modo da
obbedire a Dio”. La sua obbediente
risposta, colma di fede, alla parola dell’Eterno è causa di salvezza; dal suo
seno inizia la presenza tra gli uomini del Messia, che si è affermata sul
mondo: “il peccato del primo uomo fu riparato dalla retta condotta del
Figlio primogenito (di Dio); … la scaltrezza del serpente fu vinta dalla
semplicità della colomba (Maria)… sono stati spezzati i legami che ci tenevano
vincolati alla morte”.
Il dipinto, che stiamo osservando, vuole
porre in rilievo queste conclusioni e perciò Eva, viene volutamente raffigurata
sul lato opposto alla Vergine, sottolineando un frastagliato parallelismo
comprendente atti contrapposti tra somiglianza e differenza, rovina dell’ordine
divino e suo ristabilimento: Serpente (Satana)-Eva-(dunque) Adamo (intimo
legame tra la donna e l’uomo)-Angelo (azione diretta di Dio nella storia
dell’uomo)-Maria (concepimento di Cristo, Verbum e Vero Uomo). L’antinomia ritratta delle due
figure femminili restituisce, alla nostra vista, il loro atteggiamento: Eva
accoglie nel suo animo la voce di Satana, Maria offre tutta se stessa alla
volontà di Dio.
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Annunciazione (visione d'insieme) |
Annunciazione (particolare) |
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