Roma Insueta deriva da quel mio ricercare, nell’arte, la sensibilità incandescente che trapassa il mero concetto “dell’idea”, seppur mostrata per mezzo di ciò che lo stesso artista, in maniera quasi istintiva, spontaneamente solleva con la sua intrinseca espressione, lanciata con intensità nella pienezza dell’azione creativa. Realtà quindi acuta del vivere nell’arte, infinito impeto che dissuggella altezze vertiginose, dove il respiro abbraccia il cosmo dei sentimenti, che in tal modo si svela all’osservatore, al lettore, all’ascoltatore. Esistenza nell’arte, interminata intensità che non soccombe alla scarna apparenza, effondendosi in elementi che armonizzano il passato e il presente, in un gioco accogliente moti contrapposti, cui la complessiva e complessa presenza crea una forza sostanziata in forme, irradiate per e dalla vita artistica. Roma, attraverso le acutezze artistiche che la sua, rigogliosa, storia ha impresso negli sguardi di ogni epoca, sostanzia questa spontanea spinta emotiva, che l’intelletto coglie con vivacità sino a mutarsi in vivido sentimento, per giungere a quei lidi ove anche una lettura altra si manifesta.

Io Spiego

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lunedì 24 settembre 2018

Il Martirio di S. Lorenzo di Pietro da Cortona, pala dell’altare maggiore in S. Lorenzo de’ Speziali in Miranda


Tra i culmini del linguaggio barocco, Pietro da Cortona (Pietro Berrettini, 1596–1669) ha già attraversato le righe questo blog, soprattutto con il post (25 febbraio 2015) circa la sua presenza architettonica nella fabbrica di Palazzo Barberini, oltre a essere ampiamente citato sia in quello dedicato a Cosimo Fancelli (20 dicembre 2014, la pala marmorea, Sacra Conversazione, dei sotterranei della basilica di S. Maria in via Lata), sia quello rivolto a Giacinto Brandi (20 ottobre 2016, il dipinto Martirio di S. Andrea, conservato presso la medesima basilica).

Con questo scritto l’attenzione si volge alla pala dell’altare maggiore, Martirio di S. Lorenzo, preziosa testimonianza artistica, nella chiesa di S. Lorenzo de’ Speziali in Miranda, quasi celata in tale aulico e discosto ambiente.

La genesi e lo svolgimento storico, con riferimenti nell’arte, inerente a questo Complesso architettonico ha costituito l’introduzione al post (20 febbraio 2015) incentrato sulla tela, Annunciazione, di Alessandro Fortuna. Per comodità di lettura, integralmente lo riporto di seguito.
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Il complesso di S. Lorenzo de’ Speziali in Miranda formato dalla chiesa e dagli annessi locali –uno dei quali adibito a museo- appartiene al Nobile Collegio Farmaceutico, l’Universitas Aromatariorum Urbis; esso costituisce il portato di una “metamorfosi” pronunciata nel corso dei secoli, che dal tempio di Antonino e Faustina (141, circa) conduce all’attuale aspetto architettonico, il quale ne definisce la particolare monumentalità tra il contesto ambientale dell’area del Foro Romano.  
Il mutamento da edificio consacrato a quegli antichi “divi” a chiesa risale al 630 circa, –ma secondo alcuni studiosi la trasformazione avviene all’inizio del secolo VIII- per volere del papa Onorio I (625-638), ricordato per la sua intensa attività nel campo delle opere pubbliche e religiose. Il tempio diviene quindi ambiente cristiano dedicato a S. Lorenzo diacono, in quanto si crede che sia adiacente al luogo del suo martirio (258). L’appellativo “in Miranda” o “de Miranda”, cui la più antica citazione è documentata nel secolo XI, deriverebbe dal verbo “mirare” –dal tardo latino “guardare con ammirazione”- il Foro. Un’altra voce indica che “Miranda” sia, in realtà, il nome della fondatrice di un monastero sorto proprio in questo sito.
Papa Martino V (1417-1431), nominato “Temporum suorum felicitas” (Felicità dei suoi tempi), per la sua azione di “riedificazione” -anche culturale- della città, con la bolla del giorno 8 marzo 1429, concede la chiesa di S. Lorenzo, quasi in rovina, all’Universitas Aromatorium Urbis, vale a dire in favore a quel Collegio di Speziali dedito alla preparazione di medicamenti a base di erbe, di altre essenze vegetali, di polveri minerali e, per l’appunto, di spezie derivate da sostanze vegetali secche anche profumate. Poiché l’edificio preesistente non può essere utilizzato quale piccolo ospedale, ne viene demolita l’intera struttura (preservando gran parte degli elementi architettonici romani superstiti), sostituita quindi da quella quattrocentesca, formata da un nosocomio e da un minuto luogo di culto.
Nel 1536, in occasione della visita di Carlo V, sono demolite alcune case e chiese edificate tra le spoglie del Foro Romano, per aprire la strada costruita per il corteo imperiale (alla realizzazione della quale il popolo contribuisce con il pagamento di una tassa), nella zona il cui aspetto deve apparire degno –per quanto all’epoca possibile- dei trionfi dell’antica Roma; per questa ragione sono abbattute, nell’area del complesso di S. Lorenzo, sia tre cappelle occupanti il pronao dell’antico tempio, sia una parte dell’ospedale del XV secolo.
La nuova temperie artistica-culturale che pervade la “Città Eterna”detta altresì la ricostruzione, d’incipiente registro barocco, di questa chiesa, la quale appare interrata, come tutta l’area del Foro, a causa delle secolari inondazioni del Tevere, –non dimenticando la stratificazione derivante dalla plurisecolare attività umana- le quali con i residui di rocce, di pietre e di fango indurito hanno innalzato il terreno, coprendo in gran parte le vetuste rovine. Il progetto è affidato a Giacomo Della Porta, alla cui morte (1602) succede, come direttore dei lavori, Orazio Torriani che ridisegna l’impianto architettonico dell’interno -nonché dell’altare maggiore- e la facciata. Egli innalza di sei metri circa il livello della costruzione e completa il primo ordine del prospetto poco avanti al 1616; il secondo ordine e il frontone vengono ripresi e terminati- con marginali modifiche del disegno originario- da Matteo Sassi tra il 1721 e il 1726. La figura planimetrica del nuovo luogo di culto (navata unica con cappelle laterali) percorre l’intera larghezza della cella del tempio romano, mentre la lunghezza, ristretta posteriormente dai vani restanti dell’ospedale del ‘400, non occupa per intero il perimetro della cella stessa ma incorpora le prime colonne del pronao templare, prostendendo lo spazio interno verso il Foro. L’aspetto nell’insieme, però, risulta molto simile a quello dell’edificio romano –come dimostra la mancanza dell’abside- giacché i lavori del XVII secolo non ne mutano la struttura complessiva.
L’insieme della facciata ne mostra l’ardita creazione, comprendente le lesene con capitelli ionici, il portale con timpano arcuato e la finestra creata sotto il superiore grande timpano curvilineo spezzato. Poiché tale prospetto è posto dietro alle colonne frontali, quest’ultime in tal modo sono trasformate in un portico.
L’interno della chiesa rappresenta un raccolto e pregevole patrimonio pittorico, come palesano le opere esposte, tra le quali cito “S. Caterina da Siena bacia il costato di Cristo”, attribuita a Francesco Vanni (1563–1610) ma da alcuni studiosi ascritto a Giovanni de’ Vecchi (1536 - 1615) di cui il Vanni è stato allievo. Ho incluso la descrizione, di tale quadro, nel post (pubblicato il primo dicembre 2014) di commento alla mostra “I Papi della Speranza”, poiché compreso in quell’evento.
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Raffigurazione barocca che s’incardina sull’unica navata dell’edificio cultuale, l’altare maggiore si eleva con binate colonne striate, -in marmo verde africano- con pulvini e cimase, troneggiando l’ambiente con timpano dentato e spezzato, sino a ergersi ancor più in alto con il fastigio, -dal piccolo frontone triangolare racchiuso in uno arcuato- quale coronamento dell’organismo architettonico. In tale ambiente, il Martirio di S. Lorenzo, intensamente manifesta il proprio spazio pittorico, estraneo a un’imbolsita decorazione, dove al contrario i personaggi possiedono il respiro di coinvolgente movimento.
Pittura eseguita nella tarda sua maturità, tra il 1655 e il 1656, quando il Berrettini ha già compiuto, dal 1651 al 1654, la trasposizione pittorica dell’Eneide rappresentando le Storie di Enea, nella Galleria principale, adagiata nel piano nobile di Palazzo Pamphlj, innalzato a piazza Navona, cui in diversi tratti la resa cromatica del “Martirio”è assai prossima, confermandone l’esecuzione nel periodo prima indicato, non apparendo coerente, altresì per tale osservazione, l’ipotesi, sostenuta da alcuni, secondo la quale il lavoro in S. Lorenzo de’ Speziali sarebbe databile al 1646, anno di completamento dell’altare maggiore, successivamente al suo soggiorno a Firenze (1640 – 1646, circa). 
Accostiamo ora il nostro attento sguardo all’opera, iniziando a “indagare” lo sfondo, caratterizzato da un paesaggio che diffonde un, basilare, raccordo iconografico con il soggetto espresso, dimostrando ulteriormente la cortoniana specifica attitudine a raffigurare un’efficacissima ampiezza paesaggistica, tanto estranea al descrittivismo come appare distante, ad esempio, da quella sorta di moderato naturalismo, svolto entro una definita cifra classicista, proprio del Domenichino che mutua, con magistrale personalità, il linguaggio di Annibale Carracci.
Lo stile del Cortona quindi non comprende quel senso di levigatezza atmosferica, all’opposto egli stende pennellate di ricolma materia, come si mostrano, richiamandoli alla memoria quali esemplificazioni, le arboree fronde nei dipinti Trionfo di Bacco, (1624 circa, seconda versione; Musei Capitolini, Pinacoteca Capitolina), Angeli segnanti la fronte a coloro che devono essere illesi dai flagelli (1652; Collezione Fondazione Roma). Nella pala in S. Lorenzo de’ Speziali semmai si nota un alleggerimento visivo dei colori, che, riguardo allo sfondo, rivela pennellate quasi sintetiche, suggerendo, con rinnovato e formidabile accento, quei toni stesi nel suo iniziale periodo creativo, come attestano, rammentandoli come altri esempi, i lavori Vergine col Bambino e i Ss. Giacomo il Maggiore, Giovanni Battista, Stefano I papa, Francesco (1628; Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona), Attentato alla fede di S. Bibiana 1624 – 1626; Chiesa di S. Bibiana, Roma), cui alla parte prospetticamente più lontana, tenuamente disegnata, sembra, in qualche tratto, richiamarsi l’opera oggetto di questo scritto.
Le chiome degli alberi, in questo “versante”, sono moderatamente agitate in senso orizzontale, mentre la cerula volta contiene fulminee nubi capienti, come se il dramma raffigurato stesse iniziando a scuotere il cielo, dal quale un piccolo cherubino discende per porgere, al Santo, la corona e il ramo di palma del martirio. Ma l’insieme atmosferico si arresta vivo, sospendendosi tra i particolari archeologici, tanto cari all’artista, caratterizzati da pilastri tuscanici, (adattamento dell’ordine dorico, derivato dal sistema architettonico etrusco), evidenziandone una luminosa spazialità dell’impianto pittorico, che rende diafano il timpano annunciante un lontano tempio, sul quale si eleva un’indefinita, prospetticamente corretta, figura di antica divinità, sottintendendo l’immobile vacuità del culto pagano. Fissità cui è opposta l’azione vivida raffigurata nella scena, che esplicita il vigore effuso dalla fede cristiana, espressione trionfante della verità spirituale. La maestria del Berrettini -virtù dei grandi autori– benché si esplichi, come in questo caso, nell’ambito di una committenza della fede, s’innalza al di sopra del suo caratteristico fine, avendo l’abilità di rendere leggibile la rievocazione ritratta della vicenda del campione della cristianità, per muovere ad accentuata devozione l’osservatore, attraverso però una reale plenitudine e consistente saldezza, tale da esprimere una sua slegata ed eccelsa poetica.
Pala ricca quindi di effetti pittorici resa con un “codice” compiuto, certamente barocco, nell’enfatizzare la teatralità dell’azione raffigurata. Una scena intesa drammatica pregna di dettagli, cui la pittura tuttavia si discosta dalla fitta corposità cromatica del Cortona, sviluppando, in tale “segmento” della sua esistenza anche artistica (tarda maturità) – questo dipinto parzialmente lo dimostra – un’attitudine a schiarire e ad attenuare i colori, utilizzando una gamma di lievi graduazioni di tonalità anche soffici e impregnate di luce, concretando in questo modo una tangibile e notevole ricchezza di riflessi e di colori iridescenti, i quali ammorbidiscono il suo linguaggio creativo, così intenso e spettacoloso, interpretato quale sistema rappresentativo della forza generatrice, agente in enormi volumi, in arditezze prospettiche.
Un energico sentimento drammatico, la predilezione per le strutture architettoniche (lui, ingegnoso architetto) riecheggianti altresì “l’antico”, l’equilibrato assetto figurativo che rifiuta un unico personaggio: qualità presenti in ogni opera del Berrettini, che coerentemente sostiene creando molte figure e, spesso, molte scene in loro compiute e innestate nell’azione principale, combinate intorno al tema principale, -analogamente all’orditura del poema epico- e, nel medesimo attimo, avviluppandole nel ritmo e nell’armonico palpitio che le cattura.  Infatti, il personaggio centrale, S. Lorenzo diacono, -rappresentato con la dalmatica, paramento liturgico specifico dei diaconi e dei vescovi, in uso dal III secolo- esprime proprio quel carattere “eroico” nell’incipiente e articolato atto del suo martirio avvenuto, secondo la tradizione, nel 258 sotto l’imperio di Valeriano.
La soluzione pittorica mostra lo sfondo su cui s’incardina su effetti atmosferici, -già antecedentemente osservati - su cui si stagliano le immagini, palesandosi dunque nitidamente, a contorni ben marcati sopra la parte pittorica di fondo che appare così più lontana e quasi indefinita. I movimenti delle figure si svolgono dinanzi agli elementi architettonici prima descritti, spazi voluti come unica disserrata quinta teatrale, aperta delimitazione prospettica su cui la scena viene distesa. La consapevole e personale reminiscenza della cultura classica non si consuma in un formale desumere, in studiate narrazioni artificiosamente erudite, poiché il Cortona estrinseca una pittura liberamente mobile.
Alla brillante complessa trama decorativa, scaturita dalla grande nobile abbondanza di personali modelli e d’immaginazione cortoniana, insieme contrassegnato dall’evidente luminosa spazialità dell’impianto pittorico e dai contorni anche più gradatamente sfumati senza stacco, si contrappone armoniosamente un sistema del disegno ripartito attraverso cambi di cadenza, spontanei virtuosismi incentrati sull’esposizione di elementi differenti.
Se la cromia si distingue per quel poetico fare tra possente impeto e morbide sfumature, il gigantismo dei personaggi evoca l’eroica grandiosità e l’imponenza del tema raffigurato, autentica gesta, impresa gloriosa del Martire colto nella sua augusta presenzialità, –che liricamente lo “ristabilisce” reale- viva e intrepida, così forte da piegare a tale verso la densa ricchezza ornamentale, altrimenti muta, estesa in tutto il dipinto.
Personaggio quindi valoroso, S. Lorenzo, seppur abbigliato con adorni paramenti, privo di qualsiasi accenno ieratico, è l’antico eroe impavidamente volto alla morte, al termine della sua gloriosa impresa, –in tale episodio l’attiva testimonianza della fede cristiana– gesto non di rassegnazione ma di estrema vittoria che ne eterna il ricordo; in guisa di “nuovo Ettore” affronta la tremenda fine della sua esistenza terrena (la graticola che sarà subito accesa).
Intorno, collocati come una mortifera danza, concitate figure, nella maggior parte invase da comprensibili scuri, stringono il generoso Diacono, scevro di odio benché ne sia così circondato ma non sopraffatto. Disegnate immagini perse nell’ignavia, come attestano gli atteggiamenti, distratti, dei due personaggi posti, più in alto degli altri, alla destra della pala; figure prese dalla bruttezza (interiore) sino ad assumere lineamenti volutamente caricaturali, prossimi allo scimmiesco, manifestato dall’aguzzino impugnante la torcia, ritratto sulla destra molto vicino a S. Lorenzo, cui l’aperta mano non “declama” una rinuncia, ma è volta verso l’interminabile bellezza divina.         
   

S. Lorenzo de' Speziali in Miranda: navata verso l'altare maggiore

 
Pietro da Cortona: Martirio di S. Lorenzo
Immagine tratta da "Google Immagini"

 


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