Roma Insueta deriva da quel mio ricercare, nell’arte, la sensibilità incandescente che trapassa il mero concetto “dell’idea”, seppur mostrata per mezzo di ciò che lo stesso artista, in maniera quasi istintiva, spontaneamente solleva con la sua intrinseca espressione, lanciata con intensità nella pienezza dell’azione creativa. Realtà quindi acuta del vivere nell’arte, infinito impeto che dissuggella altezze vertiginose, dove il respiro abbraccia il cosmo dei sentimenti, che in tal modo si svela all’osservatore, al lettore, all’ascoltatore. Esistenza nell’arte, interminata intensità che non soccombe alla scarna apparenza, effondendosi in elementi che armonizzano il passato e il presente, in un gioco accogliente moti contrapposti, cui la complessiva e complessa presenza crea una forza sostanziata in forme, irradiate per e dalla vita artistica. Roma, attraverso le acutezze artistiche che la sua, rigogliosa, storia ha impresso negli sguardi di ogni epoca, sostanzia questa spontanea spinta emotiva, che l’intelletto coglie con vivacità sino a mutarsi in vivido sentimento, per giungere a quei lidi ove anche una lettura altra si manifesta.

Io Spiego

Io Spiego

martedì 5 maggio 2015

Il manifestarsi del Barocco




 
Questo post nasce da quanto ho osservato, durante la mia visita alla “fastosa” mostra dedicata al “Barocco a Roma: la meraviglia delle arti”, in corso a Palazzo Cipolla sino al 26 luglio prossimo.
Tale esposizione si articola in un coinvolgente percorso visivo, composto di alcuni lavori inediti (disegni progettuali, bozzetti, documenti e così via), interessantissimi brani che “orbitano” attorno a straordinarie –molte inedite- opere, concesse per tal evento da autorevoli istituti, da preziose collezioni private e da prestigiosi musei sia italiani sia esteri.
 
La riflessione scaturitane, quale frequentatore assiduo di queste manifestazioni, s’incentra su quanto, i differenti versi artistici, siano stati accomunati sotto l’egida barocca perché coevi e attivi nello stesso ambiente. Infatti, possono considerarsi, ad esempio, artisti barocchi –compresi nella mostra- quali l’Algardi (la cui cifra classicista si contrappone alla poetica del Barocco), il Caroselli (rivolto a un classicismo intriso da un naturalismo caravaggesco), il Carracci, il Ciampelli (pittore dai controllati modi classicisti), il Domenichino, il Maratta (dai toni classicheggianti e accademici), l’Orbetto (autore di uno stile caravaggesco mediato da soffici e delicati tratti poetici), il Poussin, il Rosa (il cui humus artistico è in netta antitesi con i modi berniniani), il Van Dyck?
 
A mio avviso, come schietto cultore dell’Arte, andrebbe considerato l’ambiente artistico romano, del XVII secolo, come un insieme formato da molteplici e differenziati fermenti culturali, spesso “dialoganti” ma altrettanto frequentemente contrapposti, che confluiscono in una disomogenea esaltante temperie, nella quale il “Barocco” diviene espressione predominante. 
 
Il Barocco, dunque, nel manifestarsi stile particolare è caratterizzato da proprie sembianze, le quali si contraddistinguono rispetto a quelle di altri correnti, pur attive nello stesso periodo, che si vuole riunire in un “tutto”, generando una sorta di possibile variata interpretazione artistica, cogliendo perciò con una medesima formula sommaria e astratta, “Barocco” per l’appunto, l’intera arte del XVII secolo e, in parte, di quella del XVIII secolo.
 
La peculiarità di questo periodo, della Storia dell’Arte, è testimoniata anche dalle differenti ipotesi circa l’etimologia del termine “Barocco”; secondo la maggior parte degli studiosi l’etimo, più probabile, è da ricercarsi nell’espressione portoghese “aljofre barroco”, indicante una perla irregolare. Nella prima metà del XVI secolo la parola, usata dai gioiellieri portoghesi, sarebbe approdata in Francia –“baroque”- assumendo il significato di “bizzarro” per poi “arrivare” in Italia, nella seconda metà del XVIII secolo, ove mutandosi in “barocco” ne conferma l’accezione semantica quale “stravagante”.    
 
Sono i letterati francesi a impiegare questo termine, con il significato che ne sottolinea il concetto di bizzarria, come riportato nel “Dictionnaire de l’Académie français” (edizione del 1740), nel “Dictionnaire de musique” (Jean Jacques Rousseau, 1768), nella “Enciclopédie méthodique, Dictionnaire d’architecture” (Quatremère De Quincy, 1788, primo tomo). Nel “Dictionnaire de Travaux” (edizione del 1771), curato dall’ordine dei Gesuiti francesi, riguardo alla pittura si afferma. “un quadro, una figura di gusto barocco si hanno dove le regole delle proporzioni non vengono osservate, dove tutto è rappresentato seguendo il capriccio dell’artista”.  
 
Quale diretta derivazione di quanto sostenuto da quell’enciclopedia francese, in Italia la parola “barocco” definisce, per la prima volta, il medesimo contenuto nel “Dizionario delle belle arti del disegno, estratto in gran parte dall’Enciclopedia metodica” (edizione del 1797) di Francesco Milizia, il quale criticando aspramente alcuni artisti (tra cui il Borromini) giudica il “Barocco” come “il superlativo del bizzarro, l’eccesso del ridicolo”.
 
Da questa condanna fortemente asserita dai teorici del neoclassicismo e successivamente da altri filoni culturali e di pensiero, propagatasi sino quasi alla fine del XIX secolo, il “Barocco” è considerato uno stile che mira soprattutto a sedurre e dunque fatuo, retoricamente onusto, eccessivo, illogico e privo di reale sostanza artistica. Imprigionato in tale codifica è “riabilitato” da Heinrich Wolfflin, il quale nel 1888 con la sua pubblicazione “Rinascimento e barocco” ne individua gli elementi di molteplicità, di progressiva e di sincronica scomparsa e apparizione delle forme, di preminenza dell’apparente sul reale; in sostanza, lo delinea come un modello con propri canoni. Successivamente è percepito, da molte voci intellettuali del XX secolo, quale imparagonabile moto creativo e poetico.
 
Se collocato nel suo svolgimento storico, elidendo qualsiasi improprio flusso di aggettivi negativi o, al contrario, di persistenti tesi declamanti una “universalità barocca”, includendovi artisti di altro linguaggio, viene alla luce che i maestri del Barocco non rinnegano le esperienze e le nozioni del passato -prossimo o remoto- ma accolgono eterogenei impulsi tradotti da un prodigioso estro, con il quale ogni elemento strutturale è trasformato, dilatato. Attraverso uno sperimentalismo progettuale coltivano un rapporto dialettico, libero -però solido- con l’eredità rinascimentale e classica, pur mai intrattenendo alcun programma dogmatico, scardinante a priori le precedenti conoscenze tecniche.
 
Le forme levitanti, irregolari e complesse, le chiare linee sinuose e schiuse, la grandiosità in movimento, gli artifici luministici, le scenografie di estrema e stupefacente ingegnosità, le ambientazioni sfarzose, la varietà e le ricchezza dei materiali, i maestosi e concitati contrasti chiaroscurali, le pittoriche vibrazioni esaltanti il pathos dei personaggi, celebrano questo fenomeno artistico. La pittura, in intima connessione con le altre arti, rompe allusivamente, in modo definitivo, la saldezza dei limiti architettonici nelle volte e nei soffitti delle chiese e dei palazzi, spalancandovi magnifiche visioni di cieli tersi o con nuvole chiare e lievi, colmo di figure che volano leggere.
 
Questa poetica esibisce, quindi, la sua estrema eterogeneità, l’esaltazione del singolare, l’acuta tensione verso la bellezza, l’effetto del “sempre nuovo”, del sorprendente. “Perla asimmetrica”, questo stile, in tutte le sue espressioni, esplora l’universo artistico partendo da coordinate ogni volta diverse, con un continuo ribaltamento, una perenne metamorfosi delle normali prospettive di osservazione, quasi il continuo generare di anamorfosi.
 
Se gli stretti rapporti degli artisti con le esigenze della ricca, nobile committenza originano l’adesione dei versi espressivi e stilistici -un “adeguamento ideologico”- a quel suo percepire e considerare l’esistenza, palesandone la “concezione del mondo”, decisivo, in questo rinnovato clima espressivo, è l’azione della Chiesa, che dopo il periodo della Controriforma nelle intenzioni di somma austerità, affina le “tecniche comunicative” continuando a dettare i programmi ai maestri d’arte, che devono, in questo periodo, illustrare con nuovo linguaggio la verità della Fede e le recenti devozioni, glorificando i martiri, esaltando le estasi dei Santi.
 
Il “semplice fedele”, perciò, deve essere affascinato, commosso, stupito ma le allegorie, i simboli, gli impianti scenici maggiormente elaborati, con allusioni a concetti più profondi che disegnano un'interpretazione complessa, sono le pagine verso cui volge il suo attento sguardo l’osservatore, capace di comprenderle appieno. Ogni individuo, però, esprime un intimo convincimento di assistere a rappresentazioni verosimili, perciò esse non appaiono come fantastici accadimenti, interpretati da personaggi scaturiti da “virtuosistiche finzioni sceniche”: si è coinvolti sino ad essere presi da un prolungato momento di acuto fervore religioso, che sospinge l’animo umano tra quei vivi bagliori. I due differenti aspetti –quello reale e quello rappresentato- si fondono conducendo l’attenzione delle persone in quell’ambito, ove il raffigurato appare concreta azione. Gli artisti compiono una sorta di materializzazione di miracoli, di eventi soprannaturali –ma anche di episodi mitologici- rendendoli credibili e fortemente attraenti, come Roma, sorgente del Barocco, mostra con intatta beltà. 
 
 
 
Immagini della scenografica "macchina barocca" dell'altare maggiore della Chiesa di S. Maria in Portico in Campitelli    
 
 
 
 
 
 
   
            
 



   

            

 

Nessun commento:

Posta un commento