Roma Insueta deriva da quel mio ricercare, nell’arte, la sensibilità incandescente che trapassa il mero concetto “dell’idea”, seppur mostrata per mezzo di ciò che lo stesso artista, in maniera quasi istintiva, spontaneamente solleva con la sua intrinseca espressione, lanciata con intensità nella pienezza dell’azione creativa. Realtà quindi acuta del vivere nell’arte, infinito impeto che dissuggella altezze vertiginose, dove il respiro abbraccia il cosmo dei sentimenti, che in tal modo si svela all’osservatore, al lettore, all’ascoltatore. Esistenza nell’arte, interminata intensità che non soccombe alla scarna apparenza, effondendosi in elementi che armonizzano il passato e il presente, in un gioco accogliente moti contrapposti, cui la complessiva e complessa presenza crea una forza sostanziata in forme, irradiate per e dalla vita artistica. Roma, attraverso le acutezze artistiche che la sua, rigogliosa, storia ha impresso negli sguardi di ogni epoca, sostanzia questa spontanea spinta emotiva, che l’intelletto coglie con vivacità sino a mutarsi in vivido sentimento, per giungere a quei lidi ove anche una lettura altra si manifesta.

Io Spiego

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venerdì 6 febbraio 2015

Handel nello splendido vivore artistico di Roma


Alla fine dell’estate del 1706 il ventunenne Georg Friedrich Handel intraprende l’indispensabile viaggio “formativo” in Italia, paese artisticamente poliedrico e ricchissimo poiché costituito da piccoli stati, autonomi l’uno dall’altro, molto spesso in competizione tra loro, ognuno con una diversificata e raffinata identità.
 
Handel giunge a Roma nei primi giorni di gennaio del 1707, città che ne investe l’animo del per la sua vita artistica, per lo sfavillio dei “convegni” dell’aristocrazia, per la presenzialità di grandi mecenati amanti delle “belle arti”, per i sorprendenti allestimenti scenici creati per le aristocratiche feste. La “Città Eterna” appare, agli occhi di un così acuto visitatore, come un vastissimo teatro all’aria aperta, nel quale in ogni istante sorge un evento musicale, tra le spettacolari realizzazioni architettoniche barocche e le nuove controllate espressioni arcadiche. Nelle grandi chiese romane egli incontra la fantasia pulsante dei colori degli ornamenti, un’orchestrazione vibrante di pitture e di sculture.
 
Il quattordici gennaio di quell’anno, il giovane musicista, esegue cinque sue composizioni, suonando l’organo monumentale costruito da Luca Blasi (1598, circa) per il Giubileo del 1600, che si stende sopra il portale, del transetto destro, della Basilica di S. Giovanni in Laterano. In questa prima “occasione pubblica romana” mette in mostra la sua personale ricercatezza armonica unitamente a temi propri di Arcangelo Corelli. Questa esibizione molto impressiona i presenti come attesta un passo, scritto nel medesimo giorno, del Diario di Roma di Francesco Valesio:”E’ giunto in questa città un Sassone eccellente suonatore di cembalo e compositore di musica, il quale oggi ha fatto gran pompa della sua virtù in sonare l’organo della Chiesa di S. Giovanni con stupore di tutti”.
 
Il clamore suscitato da tale avvenimento raggiunge alcuni grandi mecenati dell’ambiente aristocratico –culturale della Città, tra cui il marchese Francesco Maria Ruspoli per il quale, Handel, compone l’oratorio “La Resurrezione”, messa in scena (primavera 1708) nel palazzo, oggi Valentini, abitato dal nobile (1705-1713), che vi dà residenza al suo teatro privato, ospitando oltre al giovane compositore altresì Alessandro Scarlatti e Arcangelo Corelli. E’ un ambiente testimone del grande sfarzo imperante nella Roma del tempo; infatti, per questo evento nel salone principale, sito al piano terreno dell’edificio, è allestito un “Teatro à scalinata”, formato da quattro ordini di posti per i musicisti. Dal soffitto pende un grande tendaggio decorato sul quale è riportato il titolo dell’oratorio con lettere ritagliate e sostituite con carta trasparente, posteriormente illuminate da settanta lucerne. Tutt’intorno è rappresentato un florilegio d’intarsi d’oro e d’argento, di splendidi fregi di velluto, di tessuti di seta, di rosette con merletti e così via; la decorazione dipinta sulla tela di fondo della scena, che raffigura i personaggi dell’oratorio, è alta quattro metri per lato ed è realizzata da Michelangelo Cerruti detto anche il Candelottaro -artista in quel momento al servizio del Ruspoli-, così come le scenografie e gli apparati della rappresentazione. Infine, un’orchestra di circa cinquanta elementi, per quei tempi considerata immensa, è condotta dal famosissimo Corelli. La parte della Maddalena è data all’eccellente presenza vocale e scenica di Margherita Durastanti, per la quale, secondo alcune fonti, Handel nutre amore. Ma la partecipazione di una donna, soprattutto in un’opera di soggetto sacro, suscita l’ammonimento del pontefice Clemente XI, cosicché alla successiva messa in atto la cantante viene sostituita da un evirato. Questo fatto non impedisce, però, alla virtuosa cantante di essere ancora al servizio del Ruspoli e invero si esibisce in una serenata di Antonio Caldara –altro acclamato autore-, durante una grande festa voluta dal suo aristocratico “datore di lavoro”(estate 1709), alla presenza di alcuni cardinali tra cui Pietro Ottoboni ! 
 
L’illustre violinista e compositore emiliano, Corelli, guida ancora un’orchestra -questa volta quella privata del cardinale Benedetto Pamphilij-, impegnata a eseguire un altro oratorio hendeliano, “Il trionfo del tempo e della verità”.  Egli è personaggio colto e raffinato, indomabile collezionista di libri e di manoscritti, raccolti in un ampio spazio del "palazzo di famiglia" situato nell’attuale Via del Corso, la “libraria”, luogo destinato agli incontri che, il Pamphilij, settimanalmente intrattiene con letterati, musicisti ed eruditi per “fare accademia”. Celebri sono le sue fastose messe in scena, alle quali partecipano i maggiori “musici” del tempo, realizzate anche presso “l’orto” fuori Porta Pia o nella Villa prossima a S. Pancrazio. Principalmente, come ovvio, le rappresentazioni si svolgono nel  palazzo al Corso, fra le quali impressiona quella eseguita per l’inaugurazione del teatro privato, che vede come autore della cornice scenica l’architetto Carlo Fontana e tra gli illustri spettatori Cristina di Svezia. Quale dotto letterato nonché musicista dilettante, il “padrone di casa” è membro dell’Arcadia con il nome di “Fenicio Larisseo”; parimenti la sua notorietà, nell’ambiente romano, nasce dal suo largo poetare, dalle sue commedie anche satiriche. Oltre a ciò è un ottimo librettista di oratori e di cantate, i cui testi sono musicati da grandi compositori e infatti Il trionfo del tempo e della verità”, sua opera di maggior eco, è messa in musica proprio da Handel.  
 
Lo svolgimento di questo oratorio comprende l’autore della musica al clavicembalo e Corelli al (primo) violino, che pure conduce l’orchestra. Un curioso aneddoto, tramandatoci dalla biografia di Handel scritta con toni celebrativi da John Mainwaring e pubblicata una prima volta nel 1760, sembrerebbe legato a questa opera, che esalta l’insorgere del nuovo stile handeliano e, nel contempo, mostra un’insolita capacità del giovane talentuoso di suonare lo strumento ad arco, tanto da permettergli di “affrontare” il grande maestro italiano -di cui ne ha altresì assimilato il modo musicale- tratteggiando la differenza di effetti e di tecnica tra il gusto classicheggiante del compositore emiliano e il proprio, ritmicamente più dinamico, più marcato, di tale veemente intensità, soprattutto in questo suo periodo iniziale, il quale non può congiungersi con le dolci grazie e le pacate finezze dell’altro genio –Corelli- così dissimile, tanto che, quest'ultimo, non riesce a eseguire con pienezza i vivacissimi passaggi dell’ouverture. Handel, perciò, stizzito a causa della timidezza corelliana, quasi strappando il violino dalle mani del musicista italiano, prendendo con foga lo strumento ne fa uscire fuori un suono di grande forza per mostrare, all’altro, la giusta interpretazione esecutiva. Pur nella sua grandezza, il compositore emiliano, è “persona di indole modestissima e mite” tale da esprimere, con calma schiettezza, di non comprendere l’andamento energico di quella apertura oratoriale, esclamando: ”Ma, caro Sassone, questa musica è nel stilo francese, di ch’io non m’intendo”. Su richiesta del famoso violinista, quindi, Handel la sostituisce con una sinfonia –introduzione strumentale dell’opera- di stile italiano.
 
La circostanza che accompagna il “Sassone” in quel particolare fervente momento artistico, che agita gli spazi romani, di cui Corelli permane  la figura principe della forma sonata a tre –composizione strumentale per due violini e basso-, confermandosi uno dei giganti della musica occidentale, gli permette di aderire al gusto italiano con grande e solida capacità, che la sua arditezza armonica esplicita.
 
A Roma un’altra attivissima personalità riveste un ruolo chiave nell’ambito culturale: il cardinale, già menzionato, Pietro Ottoboni. Mecenate, letterato, anch’egli collezionista di libri e di manoscritti; commissiona opere d’arte, sostenendo forti spese altresì per spettacoli teatrali e concerti, restauri, allestimenti effimeri affidati a rinomati artisti, banchetti. La sua residenza presso il Palazzo della Cancelleria assume l’aspetto di piccola ma suntuosa corte, nella quale si muovono eruditi personaggi, pittori, decoratori, architetti. Fonda l’Accademia dei Disuniti, detta in seguito “Ottoboniana”e prende parte alle attività di altre simili, le quali perseguono lo scopo di promuovere le arti, le lettere, le scienze, come si adoperano quelle degli Infecondi e dell’Arcadia, cui nell’aderire a questa prende il nome di Crateo Ericinio Pastore. Egli vagheggia, attraverso tali nobili attività, la formazione di un homo novus, che sia contemporaneamente artista, letterato pur calato nella mondanità per mezzo di discipline quali il ballo, l’equitazione, la scherma ma lontano da ogni diverso intrattenimento considerato, pertanto, inutile o spregevole. Tra i suoi interessi la musica ne è uno dei più vasti –crea drammi e oratori- e difatti si circonda di compositori –che musicano le sue opere- nonché di strumentisti di primissimo piano, tra i quali, ovviamente, Alessandro Scarlatti e Arcangelo Corelli, oltre a celebri cantanti come Andrea Adami da Bolsena. Possiede, inoltre, molti preziosissimi strumenti tra cui sedici clavicembali e un grande organo da camera. Per elargire ancora più lustro attraverso questa sua passione, il porporato assume Filippo Juvarra con l'incarico di architetto e di scenografo teatrale, volendo erigere uno spazio di rappresentanza attrezzato per allestimenti musicali e scenici, che diviene una fucina artistica.
 
Il teatro appena inaugurato (primavera 1709) –oggi non più esistente- è il luogo di una “musical tenzone” tra Handel e Domenico Scarlatti, due giovani musicisti che si sfidano prima al clavicembalo, uguagliando il loro creativo virtuosismo -vere prodezze d’improvvisazione-, poi all’organo, cui l’esibizione del “Sassone” però stabilisce l’incontestabile sua superiorità, riconosciuta dal medesimo Scarlatti, il quale esclama di aver scoperto, dopo aver udito il suo “antagonista”, le enormi possibilità sonore insite in tale strumento. Dal singolare confronto emerge la diversità dei rispettivi tratti stilistici: quello scarlattiano è basato su una brillante eleganza e sulla delicatezza espressiva, mentre quello handeliano palesa una vivacità, un’energica pienezza, caratteristiche che contraddistinguono le sue composizioni (“non solo” oratori, anche cantate sacre, mottetti, salmi) scritte durante la sua permanenza romana (1707-1709). La disputa però non divide i due protagonisti, tra i quali sorge, al contrario, una reciproca ammirazione.

Verso la fine del febbraio 1710, a venticinque anni, Handel lascia l’Italia, avendovi soggiornato dal 1706 toccando pure Firenze, Napoli e Venezia (ultima meta del suo soggiorno); negli anni futuri vi ritorna soltanto per brevi periodi: la sua formazione si è conclusa. La musica che crea comprende, dunque, molti elementi italianizzanti, derivati da quel lavoro di raffinamento compositivo –cui la “fase” romana è determinante- dato dallo studio dei testi classici italici. Invero, la sua produzione complessiva include quarantadue opere italiane, incentrate, per lo più, su temi della storia antica e dell’affermato repertorio eroico di ascendenza ariostesca o ispirato all’epica del Tasso. Inoltre, crea un discreto numero di cantate e altri lavori musicali d’inconfondibile impronta italiana, sebbene molto elaborati coerentemente alla sostanziale unità del suo moto espressivo.      


Immagine tratta da "Google Immagini": lo sfarzoso organo Blasi, Basilica di S. Giovanni in Laterano


 





 
Immagine tratta da "Google Immagini": Palazzo Bonelli-Valentini in un'incisione della metà del XVIII sec.







 
Targa marmorea commemorativa posta nel vano d'ingresso di Palazzo Bonelli-Valentini

 
Immagine tratta da "Google Immagini": Palazzo della Cancelleria in un' incisione della metà del XVIII sec.
 


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