Alla
fine dell’estate del 1706 il ventunenne Georg Friedrich Handel intraprende
l’indispensabile viaggio “formativo” in Italia, paese artisticamente
poliedrico e ricchissimo poiché costituito da piccoli stati, autonomi l’uno
dall’altro, molto spesso in competizione tra loro, ognuno con una diversificata
e raffinata identità.
Handel
giunge a Roma nei primi giorni di gennaio del 1707, città che ne investe l’animo
del per la sua vita artistica, per lo sfavillio dei “convegni”
dell’aristocrazia, per la presenzialità di grandi mecenati amanti delle “belle
arti”, per i sorprendenti allestimenti scenici creati per le aristocratiche
feste. La “Città Eterna” appare, agli occhi di un così acuto visitatore, come
un vastissimo teatro all’aria aperta, nel quale in ogni istante sorge un evento
musicale, tra le spettacolari realizzazioni architettoniche barocche e le nuove
controllate espressioni arcadiche. Nelle grandi chiese romane egli incontra la
fantasia pulsante dei colori degli ornamenti, un’orchestrazione vibrante di
pitture e di sculture.
Il
quattordici gennaio di quell’anno, il giovane musicista, esegue cinque sue
composizioni, suonando l’organo monumentale costruito da Luca Blasi (1598,
circa) per il Giubileo del 1600, che si stende sopra il portale, del transetto
destro, della Basilica di S. Giovanni in Laterano. In questa prima “occasione
pubblica romana” mette in mostra la sua personale ricercatezza armonica
unitamente a temi propri di Arcangelo Corelli. Questa esibizione molto impressiona
i presenti come attesta un passo, scritto nel medesimo giorno, del Diario di Roma di Francesco Valesio:”E’ giunto in questa città un Sassone
eccellente suonatore di cembalo e compositore di musica, il quale oggi ha fatto
gran pompa della sua virtù in sonare l’organo della Chiesa di S. Giovanni con
stupore di tutti”.
Il
clamore suscitato da tale avvenimento raggiunge alcuni grandi mecenati
dell’ambiente aristocratico –culturale della Città, tra cui il marchese
Francesco Maria Ruspoli per il quale, Handel, compone l’oratorio “La Resurrezione”, messa in scena (primavera
1708) nel palazzo, oggi Valentini, abitato dal nobile (1705-1713), che vi dà
residenza al suo teatro privato, ospitando oltre al giovane compositore
altresì Alessandro Scarlatti e Arcangelo Corelli. E’ un ambiente testimone del
grande sfarzo imperante nella Roma del tempo; infatti, per questo evento nel
salone principale, sito al piano terreno dell’edificio, è allestito un “Teatro à scalinata”, formato da quattro
ordini di posti per i musicisti. Dal soffitto pende un grande tendaggio
decorato sul quale è riportato il titolo dell’oratorio con lettere ritagliate e
sostituite con carta trasparente, posteriormente illuminate da settanta lucerne.
Tutt’intorno è rappresentato un florilegio d’intarsi d’oro e d’argento, di
splendidi fregi di velluto, di tessuti di seta, di rosette con merletti e così
via; la decorazione dipinta sulla tela di fondo della scena, che raffigura i
personaggi dell’oratorio, è alta quattro metri per lato ed è realizzata da
Michelangelo Cerruti detto anche il Candelottaro
-artista in quel momento al servizio del Ruspoli-, così come le scenografie e
gli apparati della rappresentazione. Infine, un’orchestra di
circa cinquanta elementi, per quei tempi considerata immensa, è condotta dal
famosissimo Corelli. La parte della Maddalena è data all’eccellente presenza vocale
e scenica di Margherita Durastanti, per la quale, secondo alcune fonti, Handel
nutre amore. Ma la partecipazione di una donna, soprattutto in un’opera di
soggetto sacro, suscita l’ammonimento del pontefice Clemente XI, cosicché alla
successiva messa in atto la cantante viene sostituita da un evirato. Questo
fatto non impedisce, però, alla virtuosa cantante di essere ancora al servizio
del Ruspoli e invero si esibisce in una serenata di Antonio Caldara –altro acclamato
autore-, durante una grande festa voluta dal suo aristocratico “datore di
lavoro”(estate 1709), alla presenza di alcuni cardinali tra cui Pietro Ottoboni
!
L’illustre
violinista e compositore emiliano, Corelli, guida ancora un’orchestra -questa
volta quella privata del cardinale Benedetto Pamphilij-, impegnata a eseguire
un altro oratorio hendeliano, “Il trionfo
del tempo e della verità”. Egli è
personaggio colto e raffinato, indomabile collezionista di libri e di
manoscritti, raccolti in un ampio spazio del "palazzo di famiglia" situato nell’attuale Via
del Corso, la “libraria”, luogo
destinato agli incontri che, il Pamphilij, settimanalmente intrattiene con
letterati, musicisti ed eruditi per “fare
accademia”. Celebri sono le sue fastose messe in scena, alle quali
partecipano i maggiori “musici” del
tempo, realizzate anche presso “l’orto” fuori
Porta Pia o nella Villa prossima a S. Pancrazio. Principalmente, come ovvio, le
rappresentazioni si svolgono nel palazzo al Corso, fra le quali impressiona
quella eseguita per l’inaugurazione del teatro privato, che vede come autore
della cornice scenica l’architetto Carlo Fontana e tra gli illustri spettatori
Cristina di Svezia. Quale dotto letterato nonché musicista dilettante, il
“padrone di casa” è membro dell’Arcadia con il nome di “Fenicio Larisseo”; parimenti la sua notorietà, nell’ambiente
romano, nasce dal suo largo poetare, dalle sue commedie anche satiriche. Oltre
a ciò è un ottimo librettista di oratori e di cantate, i cui testi sono
musicati da grandi compositori e infatti “Il trionfo del tempo e della verità”,
sua opera di maggior eco, è messa in musica proprio da Handel.
Lo
svolgimento di questo oratorio comprende l’autore della musica al clavicembalo
e Corelli al (primo) violino, che pure conduce l’orchestra. Un curioso aneddoto,
tramandatoci dalla biografia di Handel scritta con toni celebrativi da John
Mainwaring e pubblicata una prima volta nel 1760, sembrerebbe legato a questa
opera, che esalta l’insorgere del nuovo stile handeliano e, nel contempo,
mostra un’insolita capacità del giovane talentuoso di suonare lo strumento ad
arco, tanto da permettergli di “affrontare” il grande maestro italiano -di cui
ne ha altresì assimilato il modo musicale- tratteggiando la differenza di effetti e di
tecnica tra il gusto classicheggiante del compositore emiliano e il proprio,
ritmicamente più dinamico, più marcato, di tale veemente intensità, soprattutto
in questo suo periodo iniziale, il quale non può congiungersi con le dolci grazie e
le pacate finezze dell’altro genio –Corelli- così dissimile, tanto che, quest'ultimo, non
riesce a eseguire con pienezza i vivacissimi passaggi dell’ouverture. Handel, perciò, stizzito a causa
della timidezza corelliana, quasi strappando il violino dalle mani del
musicista italiano, prendendo con foga lo strumento ne fa uscire fuori un suono di grande forza per
mostrare, all’altro, la giusta interpretazione esecutiva. Pur nella sua
grandezza, il compositore emiliano, è “persona
di indole modestissima e mite” tale da esprimere, con calma schiettezza, di
non comprendere l’andamento energico di quella apertura oratoriale, esclamando: ”Ma, caro Sassone, questa musica è nel stilo
francese, di ch’io non m’intendo”. Su richiesta del famoso violinista,
quindi, Handel la sostituisce con una sinfonia –introduzione strumentale
dell’opera- di stile italiano.
La
circostanza che accompagna il “Sassone”
in quel particolare fervente momento artistico, che agita gli spazi romani, di
cui Corelli permane la figura principe della forma sonata a tre –composizione
strumentale per due violini e basso-, confermandosi uno dei giganti della
musica occidentale, gli permette di aderire al gusto italiano con grande e
solida capacità, che la sua arditezza armonica esplicita.
A
Roma un’altra attivissima personalità riveste un ruolo chiave nell’ambito
culturale: il cardinale, già menzionato, Pietro Ottoboni. Mecenate, letterato, anch’egli
collezionista di libri e di manoscritti; commissiona opere d’arte, sostenendo
forti spese altresì per spettacoli teatrali e concerti, restauri, allestimenti
effimeri affidati a rinomati artisti, banchetti. La sua residenza presso il
Palazzo della Cancelleria assume l’aspetto di piccola ma suntuosa corte, nella
quale si muovono eruditi personaggi, pittori, decoratori, architetti. Fonda
l’Accademia dei Disuniti, detta in seguito “Ottoboniana”e prende parte alle
attività di altre simili, le quali perseguono lo scopo di promuovere le arti, le lettere, le
scienze, come si adoperano quelle degli Infecondi e dell’Arcadia, cui nell’aderire a questa
prende il nome di Crateo Ericinio Pastore. Egli vagheggia, attraverso tali
nobili attività, la formazione di un homo
novus, che sia contemporaneamente artista, letterato pur calato nella
mondanità per mezzo di discipline quali il ballo, l’equitazione, la scherma ma
lontano da ogni diverso intrattenimento considerato, pertanto, inutile o
spregevole. Tra i suoi interessi la musica ne è uno dei più vasti –crea drammi
e oratori- e difatti si circonda di compositori –che musicano le sue opere-
nonché di strumentisti di primissimo piano, tra i quali, ovviamente, Alessandro
Scarlatti e Arcangelo Corelli, oltre a celebri cantanti come Andrea Adami da
Bolsena. Possiede, inoltre, molti preziosissimi strumenti tra cui sedici
clavicembali e un grande organo da camera. Per elargire ancora più lustro attraverso questa sua passione, il porporato assume Filippo Juvarra con l'incarico di
architetto e di scenografo teatrale, volendo erigere uno spazio di
rappresentanza attrezzato per allestimenti musicali e scenici, che diviene una
fucina artistica.
Il
teatro appena inaugurato (primavera 1709) –oggi non più esistente- è il luogo
di una “musical tenzone” tra Handel e
Domenico Scarlatti, due giovani musicisti che si sfidano prima al clavicembalo,
uguagliando il loro creativo virtuosismo -vere prodezze d’improvvisazione-, poi
all’organo, cui l’esibizione del “Sassone” però stabilisce l’incontestabile sua
superiorità, riconosciuta dal medesimo Scarlatti, il quale esclama di aver
scoperto, dopo aver udito il suo “antagonista”, le enormi possibilità sonore insite in
tale strumento. Dal singolare confronto emerge la diversità dei
rispettivi tratti stilistici: quello scarlattiano è basato su una brillante
eleganza e sulla delicatezza espressiva, mentre quello handeliano palesa una
vivacità, un’energica pienezza, caratteristiche che contraddistinguono le sue
composizioni (“non solo” oratori, anche cantate sacre, mottetti, salmi) scritte
durante la sua permanenza romana (1707-1709). La disputa però non divide i due protagonisti, tra i quali
sorge, al contrario, una reciproca ammirazione.
Verso la fine del febbraio 1710, a venticinque anni, Handel lascia l’Italia, avendovi soggiornato dal 1706 toccando pure Firenze, Napoli e Venezia (ultima meta del suo soggiorno); negli anni futuri vi ritorna soltanto per brevi periodi: la sua formazione si è conclusa. La musica che crea comprende, dunque, molti elementi italianizzanti, derivati da quel lavoro di raffinamento compositivo –cui la “fase” romana è determinante- dato dallo studio dei testi classici italici. Invero, la sua produzione complessiva include quarantadue opere italiane, incentrate, per lo più, su temi della storia antica e dell’affermato repertorio eroico di ascendenza ariostesca o ispirato all’epica del Tasso. Inoltre, crea un discreto numero di cantate e altri lavori musicali d’inconfondibile impronta italiana, sebbene molto elaborati coerentemente alla sostanziale unità del suo moto espressivo.
Verso la fine del febbraio 1710, a venticinque anni, Handel lascia l’Italia, avendovi soggiornato dal 1706 toccando pure Firenze, Napoli e Venezia (ultima meta del suo soggiorno); negli anni futuri vi ritorna soltanto per brevi periodi: la sua formazione si è conclusa. La musica che crea comprende, dunque, molti elementi italianizzanti, derivati da quel lavoro di raffinamento compositivo –cui la “fase” romana è determinante- dato dallo studio dei testi classici italici. Invero, la sua produzione complessiva include quarantadue opere italiane, incentrate, per lo più, su temi della storia antica e dell’affermato repertorio eroico di ascendenza ariostesca o ispirato all’epica del Tasso. Inoltre, crea un discreto numero di cantate e altri lavori musicali d’inconfondibile impronta italiana, sebbene molto elaborati coerentemente alla sostanziale unità del suo moto espressivo.
Immagine tratta da "Google Immagini": lo sfarzoso organo Blasi, Basilica di S. Giovanni in Laterano |
Immagine tratta da "Google Immagini": Palazzo Bonelli-Valentini in un'incisione della metà del XVIII sec. |
Immagine tratta da "Google Immagini": Palazzo della Cancelleria in un' incisione della metà del XVIII sec. |
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