Eccellente
artista di grande fama (al suo tempo), Francesco Cozza (1605-1682), già allievo
del Domenichino ne riprende, con personale cifra, la “nobilitazione pittorica” che
imposta il suo stile, quasi non comparabile con altre coeve esperienze artistiche.
Infatti, il suo paradigma plastico si realizza con sorprendente nitore e con intensa
eleganza, in un armonico complesso di sorridente espressione e di straordinaria
forza, di purezza e di misurata impostazione scenica non disgiunta da un
naturalismo moderato ma vissuto intimamente.
A
questo pittore non può essere attribuita un’identità barocca ma neppure una
rigorosa metrica classicista, come dimostra il suo modello paesaggistico e la
soavità dell’immagine femminile, la tenera proclività verso le scene della vita
familiare e la leggiadria delle figure sacre nonché l’ariosa compostezza delle
allegorie profane. Nel suo universo creativo trova consistenza il senso lieto e
diffuso di un disegno proposto con calibrate luci, la penetrante attenzione nei
riguardi sia dell’anatomia sia della prospettiva, il morbido brillio e i soffici
riflessi che si diffondono, svelando una bellezza interminabile e una fervida
spiritualità.
Da
queste sue imprescindibili, spontanee, formule nascono i temi che lo “esprimono”
artista singolarissimo per mezzo della sua raffinata capacità pittorica, la
quale impagina la sua rara equilibrata sensitività in scenari ove è
manifestamente percepibile il suo “nobile sentire”, le affascinanti figure
sospese.
Un
dipinto di Francesco Cozza, che ne mostra i tratti dello stile, è conservato presso
la fastosa Galleria Colonna (Sala dei Primitivi) dell’omonimo Palazzo: La nascita della Vergine (1640, circa). Opera
superstite della collezione della nobile famiglia romana, eseguita dall’artista
calabrese, poiché le altre realizzate tra il 1650 e il 1654 (circa) sono andate
disperse. Quadro già attribuito al Passignano (1559-1638) è stato
definitivamente restituito al Cozza nel 1929.
D’impianto
finemente narrativo, il soggetto sacro è raffigurato impiegando diversi
dettagli rispondenti al “vero”, al “naturale”, come la donna che scalda il
panno per avvolgere la neonata Maria o l’altra intenta a porgere il piatto
contenente il brodo, elementi che illustrano una devota quotidianità. La scena
è risolta in tre piani, i quali perfettamente si completano in un'articolata
esposizione di luce e di chiaroscuri, quest’ultimi ben presenti nella parte
superiore occupata dal grande letto a baldacchino, in cui S. Anna non giace
passivamente ma è fulcro dell’azione; ella è avvolta dalla semioscurità in duttile
contrasto con la luce del giorno, che lo spazioso arco ne distingue l’ingresso
nella capace stanza, aperta, dunque, verso un paesaggio sereno confermato dall’atteggiamento
dei due personaggi. Il dipinto è svolto con disegno che si ammorbidisce in un’armoniosa
resa dei tessuti e degli ampi panneggi.
Immagine tratta da "Google Immagini" |
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