La minuscola Chiesa di S. Benedetto in Piscinula, oggetto di un mio studio come la zona che la
circonda, contiene delle bellezze
artistiche inaspettate, tra episodi di profonda spiritualità
secolare, che la palesano quale preziosità al pari di altre, più note, del
rione di Trastevere.
Edificata nel XII secolo -i primi documenti
ad essa riferiti sono datati 1192- inglobando le mura di un piccolo oratorio
(VIII secolo, circa), che la tradizione individua come cella di S. Benedetto,
ancora oggi vi risalta l’originario pavimento cosmatesco.
La scuola cosmatesca inizia proprio nel XII
secolo ed è in auge sino a tutto il XIII secolo; essa è formata da “artigiani”
romani attivi a Roma e in qualche località del Lazio, appartenenti a due
distinte famiglie, nel seno delle quali è tramandata tale educazione artistica.
Questa è caratterizzata, prevalentemente, da decorazioni delle superfici attuate
con motivi geometrici, elaborati accostando zone marmoree bianche
con
folti pannelli di forma quadrata, rettangolare, rotonda, esagonale, triangolare
e così via, nei quali risalta la policromia musiva (piccolissime tessere di
pasta vitrea o di pietra). In alternativa la realizzazione avviene in opus sectile, vale a dire utilizzando
lastre marmoree, di diverso spessore e
di differenti dimensioni, che disegnano “mosse” raffigurazioni. Tale
espressione artistica nel riprendere la tecnica dell’incrostatura (decorazione
a tarsia marmorea parietale) dell’antichità, utilizza elementi decorativi
locali, motivi bizantini sino ad accogliere, nella sua fase conclusiva,
influenze arabe.
Gli
artefici di tali ornamenti sono, dunque, detti Cosmati -già definiti altresì
“marmorari romani”-, perché sovente ricorre il nome di Cosma; la loro attività si
estende, con ammirevoli risultati, oltre la sistemazione ornamentale di
pavimenti o di suppellettili liturgiche,
comprendendo quindi opere architettoniche
–però non affrontando quasi mai reali problemi costruttivi- e lavori scultorei,
nei quali emerge, talvolta, una plasticità con richiami alle figurazioni del
registro antico romano e da questo a quello paleocristiano.
L’interno della Chiesa di S. Benedetto
contiene la raffinata pavimentazione cosmatesca, nella quale il mosaico avvolge
dischi di marmo, mostrandosi in irregolare asse con l’abside, quindi non con il
muro obliquo dell’entrata; in tal modo il visitatore non avverte l’anomalia
insita nell’allineamento delle pareti dell’edificio. Sorta di coloratissimo
tappeto lapideo, il pavimento conduce il fedele dall’ombroso occidente
(l’ingresso) al raggiante oriente (l’altare), percorso “metaforico” che allude al
passaggio dalle tenebre e dai mortali affanni propri del “mondo” alla gloria
celeste, attraverso Gesù Cristo, luce divina.
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