Gli
elementi portanti geologici del territorio, ove sorge Roma, spiegano lo
strettissimo legame che li unisce alla plurimillenaria storia della “Città
Eterna”.
Il
costante sereno aspetto morfologico dei suoi colli, definisce la dolcezza del
territorio romano; piccole alture che lievemente discendono sino alla valle del
Tevere e a quelle dei suoi antichi affluenti, cui gli intricati percorsi ancor
oggi sono descritti, in parte, da alcune strade del Centro Storico.
Sottostante
all’odierna pavimentazione stradale giace una copiosa eterogeneità di
materiale, derivato sia dall’attività umana, sia dai differenti accadimenti
geologici; ne deriva che, dunque, lo strato più superficiale è costituito da
residui dovuti dall’opera svolta, durante le diverse epoche, dall’uomo,
occupando un’estensione profonda da, circa, 5 a 10 metri. Tale sostrato, attraverso il quale si ricostruiscono le articolate fasi storiche della città, conserva reperti
archeologici ed è formato da detriti alluvionali, che hanno colmato una sorta di
vasto canale di cospicua profondità (60 metri, circa), molto probabilmente da
identificarsi con l’antico letto del Tevere, quando scorreva sino a una linea
costiera più “dilatata” rispetto a quella attuale, che si estende in posizione
molto arretrata rispetto a quella remota. Successivamente il livello del mare
si è innalzato in modo rilevante durante il primo periodo postglaciale
(12.000-10.000 anni fa, circa), con effetti sulla valle del Tevere, che è stata
riempita da sabbie fluviali, da ciottoli e da fango.
Al
di sotto di questi sedimenti alluvionali si trova un fitto “insieme” di sabbie
fossilifere e di strati di limo, appartenenti a un antichissimo luogo costiero
di, circa, 2/3 milioni di anni fa.
Si
è accennato, all’inizio di questo post,
dei complicati “tragitti geologici” rintracciabili in alcune aree del centro
cittadino. Infatti, ad esempio, quella circostante alla Fontana di Trevi poggia sui depositi del
Tevere, mentre quelle delle
strade contigue a essa ripropongono il percorso degli antichi affluenti del fiume.
Ancora, ad esempio, il pendio oggi corrispondente a Via del Tritone ricalca una
sorta di canale fluviale, colmato da depositi alluvionali e da detriti relativi
“dall’opera dell’uomo”.
Tutta
la zona che conduce al Quirinale è di origine argillosa e sabbiosa, a causa
dell’attività alluvionale del Tevere, il quale ampliandosi per la caduta di
fitte piogge e quindi, sino all’inizio del XX secolo, oltrepassando i suoi
argini, ha invaso spesso i terreni pianeggianti situati lungo le sue rive, spargendosi
nel Centro Storico di Roma.
L’area
sulla quale sorge il Palazzo del Quirinale corrisponde a una delle estremità di
un espandimento lavico, un territorio pianeggiante formato da materiale
solidificato -sovrapposto su depositi alluvionali dell’antico Tevere- emesso per
la maggior parte dai vulcani presenti nell’attuale territorio dei Colli Albani
e, in quantità minore, da quelli dei Monti Sabatini oggi zona collinare
scaturita dai resti dell'antico Vulcano Sabatino, visibilmente
testimoniati dai crateri che delineano i laghi di Bracciano e di Martignano. Tali manifestazioni proprie dell’attività
vulcanica sono accadute tra 600.000 e 300.000 anni fa, presentando colate piroclastiche, vale a dire
un notevole scorrimento di elementi gassosi, di ceneri e di molteplici
frammenti solidi mossi, dall’eruzione, con grande velocità. Le consistenti colate vulcaniche
hanno interagito, in modo determinante, con il corso del Tevere e dei suoi
tributari, colmandone le valli, imponendone nuovi percorsi attraverso i quali sono
state incise altre depressioni sul territorio.
Attualmente
la valle del Tevere appare limitata a occidente dai rialti formati da Monte
Mario (colle alto 139 metri, rappresenta l’altura più elevata di Roma), dal Colle Vaticano e dal Gianicolo. L’origine
di questi colli è molto differente e parecchio più antica rispetto a quella degli
altri sette – così come sono definiti: Aventino, Capitolino (o Campidoglio), Celio, Esquilino, Palatino,
Quirinale e Viminale-, situati a oriente del fiume, morfologicamente uniformi nonché strettamente
connessi con il territorio pianeggiante; essi sono stati creati dall’azione di
un vasto espandimento lavico. I
tre colli occidentali, al contrario, devono la loro diversa composizione ai
sedimenti sabbioso-argillosi giacenti, oltre 1.000.000 di anni fa, sui fondali
di un mare non profondo, ricoprente l’intera area. In epoca successiva una faglia - frattura nelle rocce
della crosta terrestre che scivolano sopra altre rocce- ne ha determinato il
sollevamento, sino a raggiungere la collocazione oggi visibile.
L’effetto
di questa lunga e complessa “reciprocità” di fenomeni e
di elementi è delineata dalla peculiarità morfologica, che ha
permesso la trasformazione del territorio interessato come luogo ideale per piccoli
insediamenti, agevolmente difendibili e in posizione strategica ai fini degli
scambi commerciali; da tale felice circostanza nasce Roma. Oltre a ciò, dai depositi magmatici sono stati tratti i
blocchi di tufo, utilizzati, come descrive la sua storia, quali pietre da
costruzione, poiché queste rocce -non particolarmente dure e quindi agilmente
lavorabili- offrono un ausilio ottimale riguardo alla stabilità di quanto si edifica.
In sostanza, essi hanno costituito cave facilmente sfruttabili per il
rifornimento edilizio. Altresì questa “naturale” linea di sviluppo urbano ha
consentito la crescita e la straordinaria affermazione dell’antica Roma, in cui
il terreno pianeggiante si destina, maggiormente, a edifici di uso pubblico (templi,
teatri, caserme e così via) e quindi tutti facilmente evacuabili se minacciati
o colpiti da gravosi eventi naturali (e non); si privilegiano, invece, per l’edilizia
abitativa (a favore dei più abbienti) le aree collinari, oggettivamente
più salubri e più sicure.
L’insediamento
di edifici privati nelle aree alluvionali del Tevere inizia, in via generale,
soltanto nel Medioevo, esponendo le abitazioni, soprattutto le più misere, a
rovinose inondazioni.
Uno scorcio del Gianicolo
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