Roma Insueta deriva da quel mio ricercare, nell’arte, la sensibilità incandescente che trapassa il mero concetto “dell’idea”, seppur mostrata per mezzo di ciò che lo stesso artista, in maniera quasi istintiva, spontaneamente solleva con la sua intrinseca espressione, lanciata con intensità nella pienezza dell’azione creativa. Realtà quindi acuta del vivere nell’arte, infinito impeto che dissuggella altezze vertiginose, dove il respiro abbraccia il cosmo dei sentimenti, che in tal modo si svela all’osservatore, al lettore, all’ascoltatore. Esistenza nell’arte, interminata intensità che non soccombe alla scarna apparenza, effondendosi in elementi che armonizzano il passato e il presente, in un gioco accogliente moti contrapposti, cui la complessiva e complessa presenza crea una forza sostanziata in forme, irradiate per e dalla vita artistica. Roma, attraverso le acutezze artistiche che la sua, rigogliosa, storia ha impresso negli sguardi di ogni epoca, sostanzia questa spontanea spinta emotiva, che l’intelletto coglie con vivacità sino a mutarsi in vivido sentimento, per giungere a quei lidi ove anche una lettura altra si manifesta.

Io Spiego

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venerdì 19 dicembre 2014

Andrea Bregno (o artista della sua bottega): il portale marmoreo della Chiesa di S. Cosimato


 
 
L’ex convento dei SS. Cosma e Damiano in Mica Aurea -detto di S. Cosimato, sorta di commistione dei due nomi-, oggi incluso nella struttura sanitaria, già nosocomio, Nuovo Regina Margherita, può essere considerato uno dei rarissimi angoli nascosti di Trastevere. Luogo suggestivo, oggetto di un mio studio, comprende due chiostri, il più antico dei quali (1234, circa; ampliamento di quello preesistente) appare come uno dei più grandi della Roma medievale, scandito da un ordine di arcate su pilastrini. Attualmente, lungo i suoi corridoi sono posti interessanti frammenti, brani architettonici di varie epoche, che dimostrano la “vivacità” storica e artistica del complesso. Pregevole si manifesta il secondo chiostro, formato da un doppio ordine di pilastri ottagonali, voluto da papa Sisto IV (1475) che riedifica la chiesa di tale insieme di clausura e ne innalza il campanile (1482). Proprio un particolare della medesima chiesa costituisce l’argomento di questo post, vale a dire il portale marmoreo creato da Andrea Bregno (1418-1503) ovvero da un artista della sua bottega che ne ripete la cifra, come dimostra l’elaborata ornamentazione, dai pieni significati simbolici.
Il Bregno rappresenta uno dei “temi” più dibattuti dagli storici dell’arte, poiché molti suoi lavori, soprattutto in ambito architettonico, risultano scarsamente documentati e, dunque, le diverse attribuzioni scaturiscono da giudizi derivati da difficoltose indagini filologiche. Egli influenza il giovane Michelangelo, giunto a Roma, il quale ammira la sua preziosa collezione di reperti dell’antichità, esposta nella sua dimora sita sul Quirinale. Li accomuna, quindi, quell’irrefrenabile creativo impeto che, nell’antico, trova il primario approdo dal quale diparte quella nuova forma artistica, che caratterizza il Rinascimento e che nel Buonarroti trova fulgido apice.
Le opere di Andrea Bregno si esprimono, dunque, attraverso un rielaborato classicismo, presentandosi assai raffinate, nelle quali altresì ogni minimo dettaglio è realizzato con rilevante perfezione tecnica. Accresce la sua fama a Roma ove l’attività della sua bottega è alquanto copiosa, soprattutto con l'elezione al soglio pontificio di Sisto IV Della Rovere (1471-1484). Dell’alta considerazione nutrita nei suoi confronti dai suoi, altrettanto celebri, contemporanei ne dettano testimonianza sia il noto umanista Platina (Bartolomeo Sacchi, 1421-1481), che lo compara a Policleto, sia il Perugino includendolo tra i personaggi del suo magnifico affresco “Consegna delle chiavi a S. Pietro”, che si ammira nella Cappella Sistina.
Ritornando sul portale lapideo inserito nella facciata della Chiesa di “S. Cosimato”, il medesimo offre agli occhi dell’attento visitatore molti motivi propri del registro del Bregno, in virtù dell’impianto generale, in un contesto certamente non monumentale o, a una vista frettolosa, non di “forte presa”. Infatti, gli elementi decorativi elaborati in questo ristretto spazio architettonico mirabilmente si delineano e per tale ragione acquisiscono una concreta, elegante, grandezza, pur nelle ridotte dimensioni in cui sono concepiti.
Dello studio iconologico di questa opera “minore” si può condensare con ciò che della spiritualità, alcune immagini, vogliono “afferrare” per mezzo di un linguaggio artistico rinnovato ma strettamente connesso con espressioni di precedenti epoche. 
Una lineare cornice racchiude un lavoro decorativo riccamente composto, cui i rilievi hanno forma di: brocca (accoglimento dello Spirito di Dio come acqua salvifica), candelabro (alberi della luce divina), ghirlanda (la vittoria sulle tenebre), fiore (accoglimento dei doni divini), mela (in questo caso: il peccato che Cristo materialmente prende su di sé), pera (la forma del frutto rammenta una figura femminile dall’ampio bacino: la discendenza di Eva colta nel fecondo campo della vera conversione), pigna (“infiorescenza” formata nel pino e nell’abete, alberi sempreverdi, allude dunque all’immortalità, all’eternità), uccello (distacco dal mondo, vicinanza a Dio), vaso (da grembo della Terra a vaso spirituale). Inoltre, i motivi che appaiono in entrambe le parti laterali superiori, per come composti, rimandano a un’interpretazione dell’albero cosmico, il quale in alto si protende volgendo i rami in basso, in guisa di asse posta al centro del cosmo, che attraversa la profondità e la superficie terrestre e altresì il cielo, come entità che unisce queste due sfere. Oltre a quanto descritto si notano alcuni tipici ornamenti raffigurati, ad esempio, dai nastri svolazzanti, che ribadiscono la ricchezza iconografica; in aggiunta si scorgono i riferimenti medicidei due martiri titolari del complesso. Un timpano ad arco di pregevole fattura conclude la composizione, nel quale un fievole dipinto raffigura la “Madonna con il Bambino e due angeli”, attribuito a Pier Matteo d’Amelia, all’epoca molto attivo a Roma.
La lettura iconologica -esegesi che conduce “dentro” il contenuto dell’opera figurativa- desunta può tentare una decodifica, la quale svela il possibile significato di quanto si cela nei notevoli intagli.
La luce divina che rischiara l’anima dell’uomo, se pronto ad accogliere il dono dello Spirito di Dio, come affermato da Cristo Dio incarnatosi attraverso la Vergine, seno materno e sommo grembo spirituale, conduce alla vita eterna e alla sommità dei cieli, da dove agiscono l’azione dei Santi e l’intercessione suprema di Maria, posta dalla Trinità -cui la figura geometrica del triangolo simboleggia- come supremo tempio dello Spirito.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 


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