L’ex convento dei SS. Cosma e Damiano in Mica
Aurea -detto di S. Cosimato, sorta di commistione dei due nomi-, oggi incluso
nella struttura sanitaria, già nosocomio, Nuovo Regina Margherita, può essere
considerato uno dei rarissimi angoli nascosti di Trastevere. Luogo suggestivo, oggetto di un mio studio, comprende due chiostri, il più antico dei
quali (1234, circa; ampliamento di quello preesistente) appare come uno dei più
grandi della Roma medievale, scandito da un ordine di arcate su pilastrini. Attualmente,
lungo i suoi corridoi sono posti interessanti frammenti, brani architettonici
di varie epoche, che dimostrano la “vivacità” storica e
artistica del complesso. Pregevole si manifesta il secondo chiostro, formato da
un doppio ordine di pilastri ottagonali, voluto da papa Sisto IV (1475) che riedifica la chiesa di tale insieme di
clausura e ne innalza il campanile (1482). Proprio un particolare della medesima
chiesa costituisce l’argomento di questo post,
vale a dire il portale marmoreo creato da Andrea Bregno (1418-1503) ovvero da
un artista della sua bottega che ne ripete la cifra, come dimostra l’elaborata
ornamentazione, dai pieni significati simbolici.
Il Bregno rappresenta uno dei “temi” più
dibattuti dagli storici dell’arte, poiché molti suoi lavori, soprattutto in
ambito architettonico, risultano scarsamente documentati e, dunque, le diverse
attribuzioni scaturiscono da giudizi derivati da difficoltose indagini
filologiche. Egli influenza il giovane Michelangelo, giunto a Roma, il quale
ammira la sua preziosa collezione di reperti dell’antichità, esposta nella sua
dimora sita sul Quirinale. Li accomuna, quindi, quell’irrefrenabile creativo
impeto che, nell’antico, trova il primario approdo dal quale diparte quella
nuova forma artistica, che caratterizza il Rinascimento e che nel Buonarroti
trova fulgido apice.
Le
opere di Andrea Bregno si esprimono, dunque, attraverso un rielaborato classicismo,
presentandosi assai raffinate, nelle quali altresì ogni minimo
dettaglio è realizzato con rilevante perfezione tecnica. Accresce la sua fama a
Roma ove l’attività della sua bottega è alquanto copiosa, soprattutto con l'elezione
al soglio pontificio di Sisto IV Della Rovere (1471-1484). Dell’alta
considerazione nutrita nei suoi confronti dai suoi, altrettanto celebri,
contemporanei ne dettano testimonianza sia il noto umanista Platina (Bartolomeo
Sacchi, 1421-1481), che lo compara a Policleto, sia il Perugino includendolo
tra i personaggi del suo magnifico affresco “Consegna delle chiavi a S. Pietro”, che
si ammira nella Cappella Sistina.
Ritornando sul portale lapideo inserito nella
facciata della Chiesa di “S. Cosimato”, il medesimo offre agli occhi
dell’attento visitatore molti motivi propri del registro del Bregno, in virtù
dell’impianto generale, in un contesto certamente non monumentale o, a una
vista frettolosa, non di “forte presa”. Infatti, gli elementi decorativi
elaborati in questo ristretto spazio architettonico mirabilmente si delineano e
per tale ragione acquisiscono una
concreta, elegante, grandezza, pur nelle ridotte dimensioni
in
cui sono concepiti.
Dello
studio iconologico di questa opera “minore” si può condensare con ciò che della
spiritualità, alcune immagini, vogliono “afferrare” per mezzo di un linguaggio
artistico rinnovato ma strettamente connesso con espressioni di precedenti
epoche.
Una
lineare cornice racchiude un lavoro decorativo riccamente composto, cui i
rilievi hanno forma di: brocca (accoglimento
dello Spirito di Dio come acqua salvifica), candelabro (alberi della luce divina), ghirlanda (la vittoria sulle tenebre), fiore (accoglimento dei doni divini), mela (in
questo caso: il peccato che Cristo
materialmente prende su di sé), pera (la forma del frutto rammenta una
figura femminile dall’ampio bacino: la
discendenza di Eva colta nel fecondo campo della vera conversione), pigna (“infiorescenza”
formata nel pino e nell’abete, alberi sempreverdi, allude dunque all’immortalità, all’eternità), uccello
(distacco dal mondo, vicinanza a Dio),
vaso (da grembo della Terra a vaso
spirituale). Inoltre, i motivi che appaiono in entrambe le parti laterali
superiori, per come composti, rimandano a un’interpretazione dell’albero
cosmico, il quale in alto si protende volgendo i rami in basso, in
guisa di asse posta al
centro del cosmo, che attraversa la profondità e la superficie terrestre e
altresì il cielo, come entità che unisce queste due sfere. Oltre a quanto
descritto si notano alcuni tipici ornamenti raffigurati, ad esempio, dai nastri
svolazzanti, che ribadiscono la ricchezza iconografica; in aggiunta si scorgono
i “riferimenti medici”dei due martiri titolari del complesso. Un
timpano ad arco di pregevole fattura conclude la composizione, nel quale un
fievole dipinto raffigura la “Madonna con
il Bambino e due angeli”, attribuito a Pier Matteo d’Amelia, all’epoca
molto attivo a Roma.
La
lettura iconologica -esegesi che conduce “dentro” il contenuto dell’opera
figurativa- desunta può tentare una decodifica, la quale svela il possibile significato
di quanto si cela nei notevoli intagli.
La
luce divina che rischiara l’anima dell’uomo, se pronto ad accogliere il dono
dello Spirito di Dio, come affermato da Cristo Dio incarnatosi attraverso la
Vergine, seno materno e sommo grembo spirituale, conduce alla vita eterna e
alla sommità dei cieli, da dove agiscono l’azione dei Santi e l’intercessione
suprema di Maria, posta dalla Trinità -cui la figura geometrica del triangolo
simboleggia- come supremo tempio dello Spirito.
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