Quando
lo sguardo si slancia su Roma, da qualsiasi belvedere, un’improvvisa
suggestione coglie l’attento osservatore, cogliendovi il serrato acuto dialogo
architettonico fra le numerose cupole, che disegnano lo sconfinato prospetto
della Città.
La
cupola è stata perfezionata e largamente usata dall’architettura romana, che ha
il merito di averne risolto i complicati problemi strutturali, trasmettendo
alle epoche successive modelli e impianti costruttivi.
Il
paradigma di tale antica alta destrezza è mostrato, tutt’oggi, dalla cupola del
Pantheon, monumento riedificato, dopo essere stato distrutto da due incendi,
nel 120 d.C. per volere di Adriano, imperatore dal 117 al 138 d.C. Già la
dedica del Tempio a tutte le divinità, che il termine Pantheon indica, può
ricollegarsi, secondo un’interpretazione derivata da approfonditi studi, a un
solo poliformo dio. Infatti, il pensiero di tale grande personaggio storico non
cela una sorta di gnosticismo ellenistico, fiorito e mutuato, con proprie
caratteristiche, in alcuni ambienti dell’antica Roma. Siamo dinanzi, secondo
tale lettura, a una visione di un tutto nel quale sono fuse ogni divinità,
emanazioni molteplici di una stessa forza che si manifesta attraverso la natura
suprema.
L’insieme
della costruzione è basato sulla tecnica che utilizza sapientemente l’arco di
scarico, come ben evidenzia la muratura del cilindro supportante la cupola. L’interno
-aperto al cielo per mezzo dell’oculo, quest’ultimo tramite dell’epifania della
divinità e dell’espansione cosmica- descrive un mirabile gioco di luce globale,
che palesa una magnifica proporzionalità dei volumi, richiamando il concetto di
divino equilibrio, dal quale scaturisce l’armonia della sapiente audacia
architettonica.
Durante
il Medioevo, anche a Roma, questa struttura a volta assume dimensioni contenute,
mostrando, rispetto a quanto costruito durante il periodo classico romano, una
parziale diversa forma; infatti, è posta sopra un cubo (o sopra altro poliedro)
a copertura degli spazi di battisteri, oratori ed edifici simili. Altresì in
questo caso si manifesta un significato simbolico, che la configurazione
obliqua descrive nel richiamare il verso triangolare, il quale rimanda all’unità
dell’Uno attraverso le tre dimensioni dello spazio, vale a dire lunghezza,
larghezza e profondità, mentre all’interno la volta disegna l’emisfero celeste.
Nelle
piccole cupole medievali il relativo oculo è rappresentato dalla pietra
angolare, che richiama, come figura geometrica, una piramide a base
quadrangolare, il cui vertice si riflette quale raggio solare in ogni angolo
della base medesima. Questo elemento architettonico, dunque, compie il
coronamento dell’edificio, ne completa la sommità, raffigurando l’azione
salvifica di Cristo “pietra angolare”,
discesa dal cielo, sulla quale poggia tutto l’edificio della Chiesa, intesa
come ecclesia ossia l’insieme dei fedeli.
Filippo
Brunelleschi venuto a Roma, una prima volta nel 1402 (con il suo amico
Donatello) per ritornarvi successivamente, con il fine di osservare, studiare
l'antica architettura romana da cui scaturisce la sua fondamentale tecnica, che
gli permette di voltare la grande cupola di S. Maria del Fiore di Firenze senza
l’impiego di armature, costituendo un enorme salto qualitativo, dà un impulso
alla intensa realizzazione di tale tipologia di copertura –per la maggior parte
di grandi dimensioni- impiegata per i luoghi di culto dal Rinascimento in poi. Questa
particolare struttura, sviluppata altresì in altezza, comprende un elemento
terminale, la lanterna, che richiama il significato architettonico - simbolico
dell’apertura circolare, adottata dall’architettura romana per illuminare
l'interno dell'edificio, come nel caso del Pantheon. Si mostra quale piccola
costruzione generalmente circolare che conclude la cupola. Pur
presente durante l’età medioevale, soltanto con il
Rinascimento entra nell'uso costante dell'architettura per divenirne elemento
comune, come confermano le numerose cupole del tardo Cinquecento e del Barocco.
Gli architetti, di questo ampio periodo della storia dell’arte, creano dunque questo
“piccolo edificio” come la foggia della cupola stessa, che sormontano, divenendone
un completamento imprescindibile. All’interno delle basiliche e delle chiese le
notevoli misure della volta, la sua fuga prospettica verso l’alto, configurano
la “sommità dei cieli” (insieme delle sfere celesti). A tale riguardo basti
pensare, ad esempio, alla cupola della Basilica di S. Pietro, opera magna di
Michelangelo, terminata da Giacomo Della Porta in forma più slanciata, sotto la
quale è collocato l’altare centrale, incorniciato dal maestoso baldacchino del
Bernini, insieme architettonico che allude alla linea retta cosmica, la quale
collega il cielo alla terra e viceversa, riconducendo il pensiero alla Divinità
incarnata in Cristo, creatore e redentore, che agisce nelle due dimensioni così
visibilmente e strettamente unite.
Nessun commento:
Posta un commento