La
Basilica di S. Maria in via Lata, dal latino latus (largo), ha quale toponimo l’antico nome della Via del Corso,
che dalla Porta Fontinalis, posta
sulle pendici del Campidoglio e inclusa
nel percorso delle mura repubblicane (378-353 a.C.), si estendeva sino
all’attuale Piazza del Popolo, costituendo il tratto urbano della Via Flaminia.
La denominazione fu anche mantenuta altresì per la presenza, innanzi alla Chiesa,
di una piccola piazza (largo) progressivamente ridotta, fino a scomparire alla fine
del XIX secolo con l’ampliamento del Palazzo Odescalchi.
Gli
attuali ambienti del sottosuolo narrano le trasformazioni della zona durante l’epoca
romana, la successiva presenza di un’antica tradizione cristiana,
l’innalzamento del livello stradale nel corso dei secoli, l’adattamento a
cripta, la sistemazione seicentesca di Pietro da Cortona. Questo sito,
oggettivamente pregno di particolare archeologico fascino, è stato oggetto di un mio studio, il quale
comprende anche la Basilica, che rifulge di pregevolezze architettoniche e
d’interessanti testimonianze artistiche dal tardo Barocco in poi.
Nel 5° vano del sotterraneo risalta alla vista dell’osservatore il bellissimo altorilievo, di Cosimo Fancelli (1620-1688), appena restaurato –la cui inaugurazione sarà “celebrata” domani, domenica 21 dicembre-, che corona il grande altare marmoreo raffigurante una “Sacra conversazione” tra Ss. Paolo, Pietro, Luca e Marziale: splendida opera barocca.
Il Fancelli, già allievo e in seguito collaboratore del Bernini, mostrando presto capacità creative autonome entra nell’orbita del Cortona (Pietro Berrettini) sino a divenirne amico, collaborando costantemente con questo grande artista.
Nel 5° vano del sotterraneo risalta alla vista dell’osservatore il bellissimo altorilievo, di Cosimo Fancelli (1620-1688), appena restaurato –la cui inaugurazione sarà “celebrata” domani, domenica 21 dicembre-, che corona il grande altare marmoreo raffigurante una “Sacra conversazione” tra Ss. Paolo, Pietro, Luca e Marziale: splendida opera barocca.
Il Fancelli, già allievo e in seguito collaboratore del Bernini, mostrando presto capacità creative autonome entra nell’orbita del Cortona (Pietro Berrettini) sino a divenirne amico, collaborando costantemente con questo grande artista.
Come in altre occasioni, dunque, anche relativamente all’adattamento dei
locali sotterranei di questa Basilica, l’architettura cortoniana è impreziosita
dal lavoro del Fancelli stesso, come dimostra l’altare della cappella,
diventata quella maggiore, di questo ambiente. Infatti, racchiusa in una
cornice del Cortona, la pala marmorea in disamina pur evidenziando l’indubbia
caratterizzazione del Berrettini, suggerita dalla straordinaria plastica
eleganza dei personaggi ritratti –Marziale i cui tratti sembrano appena
pronunciati, è invece compiutamente effigiato con straordinaria abilità- rivela
però un considerevole spessore psicologico espresso dai loro volti, da
ascrivere al linguaggio dell’autore di tale lavoro. Non può sfuggire il palese effetto
chiaroscurale, lo sfondo sul quale sono proiettate le ombre dei volti dei due
apostoli, Pietro e Paolo, che, avvicinando maggiormente i loro visi, ne
evidenzia ancor di più l’intensa condivisione spirituale, la quale sembra
fuoriuscire dalla scena per permeare tutto il vano. Si assiste a
un’accentuazione, rivelata con grazia e finezza delle pose,
di ciò che caratterizza i modi di Pietro da Cortona, tentando,
con successo, di accordarli con quelli del Bernini, come esprime la vivace
mediata levità dell’opera, in cui è messa in atto con accurato calcolo una
profonda emozione.
Il rilievo del Fancelli restaurato |
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