Roma Insueta deriva da quel mio ricercare, nell’arte, la sensibilità incandescente che trapassa il mero concetto “dell’idea”, seppur mostrata per mezzo di ciò che lo stesso artista, in maniera quasi istintiva, spontaneamente solleva con la sua intrinseca espressione, lanciata con intensità nella pienezza dell’azione creativa. Realtà quindi acuta del vivere nell’arte, infinito impeto che dissuggella altezze vertiginose, dove il respiro abbraccia il cosmo dei sentimenti, che in tal modo si svela all’osservatore, al lettore, all’ascoltatore. Esistenza nell’arte, interminata intensità che non soccombe alla scarna apparenza, effondendosi in elementi che armonizzano il passato e il presente, in un gioco accogliente moti contrapposti, cui la complessiva e complessa presenza crea una forza sostanziata in forme, irradiate per e dalla vita artistica. Roma, attraverso le acutezze artistiche che la sua, rigogliosa, storia ha impresso negli sguardi di ogni epoca, sostanzia questa spontanea spinta emotiva, che l’intelletto coglie con vivacità sino a mutarsi in vivido sentimento, per giungere a quei lidi ove anche una lettura altra si manifesta.

Io Spiego

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sabato 20 dicembre 2014

Cosimo Fancelli: la pala marmorea dei sotterranei della Basilica di S. Maria in Via Lata


La Basilica di S. Maria in via Lata, dal latino latus (largo), ha quale toponimo l’antico nome della Via del Corso, che dalla Porta Fontinalis, posta sulle pendici del Campidoglio e inclusa nel percorso delle mura repubblicane (378-353 a.C.), si estendeva sino all’attuale Piazza del Popolo, costituendo il tratto urbano della Via Flaminia. La denominazione fu anche mantenuta altresì per la presenza, innanzi alla Chiesa, di una piccola piazza (largo) progressivamente ridotta, fino a scomparire alla fine del XIX secolo con l’ampliamento del Palazzo Odescalchi. 
Gli attuali ambienti del sottosuolo narrano le trasformazioni della zona durante l’epoca romana, la successiva presenza di un’antica tradizione cristiana, l’innalzamento del livello stradale nel corso dei secoli, l’adattamento a cripta, la sistemazione seicentesca di Pietro da Cortona. Questo sito, oggettivamente pregno di particolare archeologico fascino, è stato oggetto di un mio studio, il quale comprende anche la Basilica, che rifulge di pregevolezze architettoniche e d’interessanti testimonianze artistiche dal tardo Barocco in poi.

Nel 5° vano del sotterraneo risalta alla vista dell’osservatore il bellissimo altorilievo, di Cosimo Fancelli (1620-1688), appena restaurato –la cui inaugurazione sarà “celebrata” domani, domenica 21 dicembre-, che corona il grande altare marmoreo raffigurante una “Sacra conversazione” tra Ss. Paolo, Pietro, Luca e Marziale: splendida opera barocca.

Il Fancelli, già allievo e in seguito collaboratore del Bernini, mostrando presto capacità creative autonome entra nell’orbita del Cortona (Pietro Berrettini) sino a divenirne amico, collaborando costantemente con questo grande artista. 
Come in altre occasioni, dunque, anche relativamente all’adattamento dei locali sotterranei di questa Basilica, l’architettura cortoniana è impreziosita dal lavoro del Fancelli stesso, come dimostra l’altare della cappella, diventata quella maggiore, di questo ambiente. Infatti, racchiusa in una cornice del Cortona, la pala marmorea in disamina pur evidenziando l’indubbia caratterizzazione del Berrettini, suggerita dalla straordinaria plastica eleganza dei personaggi ritratti –Marziale i cui tratti sembrano appena pronunciati, è invece compiutamente effigiato con straordinaria abilità- rivela però un considerevole spessore psicologico espresso dai loro volti, da ascrivere al linguaggio dell’autore di tale lavoro. Non può sfuggire il palese effetto chiaroscurale, lo sfondo sul quale sono proiettate le ombre dei volti dei due apostoli, Pietro e Paolo, che, avvicinando maggiormente i loro visi, ne evidenzia ancor di più l’intensa condivisione spirituale, la quale sembra fuoriuscire dalla scena per permeare tutto il vano. Si assiste a un’accentuazione, rivelata con grazia e finezza delle pose, di ciò che caratterizza i modi di Pietro da Cortona, tentando, con successo, di accordarli con quelli del Bernini, come esprime la vivace mediata levità dell’opera, in cui è messa in atto con accurato calcolo una profonda emozione.  
Il rilievo del Fancelli restaurato

   







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